
L’ong tedesca Transparency International ha pubblicato la nuova classifica sulla corruzione percepita nel mondo. La performance dell’Italia conferma le prestazioni dell’anno scorso, ossia 43 punti (su 100) come indice di corruzione (dove un punteggio basso equivale a molta corruzione percepita, e viceversa), che ci conferma al 69esimo posto sui 175 Paesi considerati. A pari merito con l’Italia ci sono Brasile, Bulgaria, Grecia, Romania, Senegal e Swaziland. Bulgaria e Grecia migliorano leggermente il proprio posizionamento, facendo sì che il nostro Paese sia ora in fondo alla classifica dei paesi Ue.
C’è poco da arrovellarsi: l’Italia non ha fatto nulla negli ultimi anni per migliorare la situazione e questo è il risultato. Ci si poteva aspettare che il cambio al governo avrebbe gettato le basi per un’inversione di tendenza, visto che l’esecutivo guidato da Matteo Renzi ha improntato la propria strategia di comunicazione sulla rottura con il passato e il perseguimento di valori come la meritocrazia e l’onestà. Invece non sono bastati i buoni propositi a fare risalire l’indice della trasparenza, e in effetti avrebbero contribuito molto di più provvedimenti legislativi concreti. Il senso di impunità è ormai diffuso al punto che essere onesti viene percepito come più complesso e vessatorio, perché gli onesti sono costretti a sopperire ai danni provocati da chi aggira le leggi. Di sicuro la cronaca fa la sua parte nell’alimentare l’idea che dell’Italia come Paese in cui la corruzione dilaga e in cui vi è ormai un sistema che crea “mondi di mezzo” che funzionano con logiche altre rispetto alla normalità: il riferimento è chiaramente all’inchiesta di Roma, che ha portato a numerosi arresti e iscrizioni nel registro degli indagati per una presunta associazione a delinquere composta da politici (di centrodestra e centrosinistra), ex amministratori delegati ed esponenti della criminalità organizzata, ai quali si contestano reati come estorsione, corruzione, turbativa d’asta, false fatturazioni, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio.
Il nome dell’inchiesta riprende le parole di uno degli arrestati, Massimo Carminati, ex terrorista di estrema destra, utilizzate durante una telefonata. Ecco il passaggio dell’intercettazione in cui compare l’espressione: «È la teoria del mondo di mezzo… Ci stanno i vivi sopra e i morti sotto, e noi stiamo nel mezzo… un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici: cazzo, com’è possibile che quello… che un domani io posso stare a cena con Berlusconi… Capito, come idea? Il mondo di mezzo è quello dove tutto si incontra… si incontrano tutti là… Allora nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno… E tutto si mischia». Una spiegazione interessante e osiamo dire istruttiva, che fa capire come sia del tutto sbagliato pensare che ci siano mondi in opposizione tra loro, nei quali uno si batte affinché l’altro scompaia. C’è sempre un collegamento, anche tra i personaggi più lontani, per cui se chi sta tra i “buoni e giusti” ha bisogno di un favore da parte dei “cattivi”, sa sempre chi chiamare.
Ma non sono solo le inchieste a fare precipitare la fiducia dei cittadini nell’onestà dei nostri amministratori. È bene che le “cupole”, se ci sono, siano smantellate una dopo l’altra grazie a inchieste come questa. La politica può fare molto, e non lo sta facendo, per dare un’iniezione di fiducia che faccia salire il nostro Paese in questa classifica (e magari possa rendercela un po’ meno odiosa). A quando, per esempio, un bel decreto che, tutti in una volta, introduca o regoli fattispecie importanti come il falso in bilancio, la bancarotta, nuove procedure per l’aggiudicazione dei grandi appalti, ma anche una norma sull’autoriciclaggio e l’allungamento dei tempi di prescrizione per l’induzione alla corruzione (ridotti dall’acclamata legge Severino accanto alle norme su decadenza e non candidabilità)? Sono riforme “a costo zero”, che non dovrebbero trovare grande opposizione da parte degli alleati di governo e di sicuro troverebbero appoggio da parte dell’opinione pubblica, che ha urgente bisogno di sentirsi tutelata – e non messa in ginocchio – dallo Stato. Cosa si aspetta? Quali altre priorità impediscono di occuparsi di questi temi?