Sono passati tre anni da quando l’Onu ha stabilito gli Obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030. Si tratta di un programma ambizioso, che va dalla riduzione della povertà alle politiche per l’ambiente, dalla qualità dell’educazione scolastica alla pace e al rafforzamento delle istituzioni democratiche. Uno dei problemi maggiori, una volta stabilita una lista corposa come questa, è stabilire come implementare gli obiettivi nelle singole realtà territoriali, nonché misurare l’andamento delle strategie di attuazione.

Per questo, è stato stabilito un sistema di misurazione internazionale, al quale per l’Italia partecipa l’Istat, che ha da poco pubblicato il rapporto 2018 sullo stato degli SDGs (Sustainable development goals) in Italia. Bisogna premettere, come spiega il sito Sbilanciamoci.info, che si pone un problema di corrispondenza tra gli obiettivi Onu e gli indicatori disponibili (o attivabili) per l’Italia. Tra i vari aspetti, occorre sottolineare come l’Istat consideri valide per le sue misurazioni solo le statistiche, e non per esempio il fatto che sia approvata una legge o ratificato un trattato che “vanno nella direzione” degli obiettivi. Inoltre alcuni aspetti non sono rilevanti per l’Italia («ad esempio quanti vivono con meno di un dollaro al giorno e il tasso di denutrizione»), e altri sono stati sostituiti con parametri più rilevanti per il contesto nazionale («ad esempio, anziché monitorare la popolazione senza accesso ad acqua potabile, si osservano quanti abbiano sofferto interruzioni nell’erogazione dell’acqua»).

Il rapporto è molto dettagliato e prende in esame i 17 punti della lista, articolati in sotto-paragrafi che ne specificano ambiti di intervento più specifici. Per esempio il punto 5: “Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze”, si declina dal punto di vista della lotta alla discriminazione, alla violenza di genere, a pratiche come i matrimoni forzati o le mutilazioni genitali, dello sforzo per favorire la partecipazione femminile nei ruoli di leadership pubblici e privati, ecc. Da quest’ultimo punto di vista, secondo quanto si legge nel documento, «In Italia gli indicatori che misurano la rappresentanza femminile nei luoghi decisionali, economici e politici mostrano un andamento positivo: aumenta la presenza delle donne nel Parlamento nazionale e nelle società quotate in borsa e, seppure in misura minore, negli organi decisionali e nei consigli regionali. Tuttavia la presenza delle donne nei luoghi decisionali, economici e politici continua a rimanere bassa: un terzo nel Parlamento nazionale e nelle società quotate in borsa, un quinto nei consigli regionali e meno di un quinto negli organi decisionali (Autorità della privacy, Agcom, Autorità della concorrenza e del mercato, Corte Costituzionale, Consiglio Superiore della Magistratura, Ambasciatori, Consob)».

Il programma degli Obiettivi di sviluppo sostenibile è uno strumento di indirizzo positivo e utile, ma presenta dei problemi legati al modo in cui è stato concepito, alle sue possibilità di attuazione, a come è percepito (se mai ne è a conoscenza) dalla popolazione. Rispetto, ad esempio, ai programmi di sviluppo europei, manca la volontà di stabilire obiettivi esatti. I temi restano così vaghi e privi di vere indicazioni di applicazione in ambito nazionale, il che toglie loro forza. La grande ampiezza delle questioni trattate, spiega ancora Sbilanciamoci.info,rende inoltre molto difficile elaborare un sistema efficace di monitoraggio e comunicazione dei risultati.

Resta da capire poi che intenzioni abbia l’attuale governo in merito al programma. L’esecutivo precedente ha istituito una Commissione nazionale per lo sviluppo sostenibile, un organo di coordinamento tra ministeri ed enti territoriali che dovrebbe fare pressione affinché le diverse istituzioni impostino le proprie politiche in continuità con quelle degli obiettivi Onu. Pare che la nuova commissione non si sia ancora insediata, e fino a quando ciò non avverrà sarà difficile capire in che direzione si andrà.

C’è poi, dicevamo, il problema di come programmi del genere possano essere comunicati ai cittadini e possano eventualmente indurli a impegnarsi in prima persona. «Il lavoro che sta svolgendo l’Asvis (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) per mobilitare l’attenzione su questi temi e per fare pressione sulle forze politiche affinché prendano in considerazione gli obiettivi dell’Agenda 2030 è meritoria. Ma nella società odierna, fatta di messaggi fin troppo schematici, il livello di complessità dell’agenda rende molto difficile la comunicazione diffusa dei risultati di un eventuale monitoraggio. Creare una coscienza diffusa sul tema dello sviluppo sostenibile, sui suoi principi di fondo, è possibile e fondamentale. Mobilitare le persone per richiamare il governo sul raggiungimento degli specifici SDGs appare invece un risultato fuori portata».