«In cinque anni il 37 per cento dei rom è uscito autonomamente dalle baraccopoli, gli insediamenti formali sono calati da 148 a 109, le politiche virtuose di numerosi comuni – grandi e piccoli, con sindaci di destra o di sinistra – hanno eliminato i campi creando soluzioni abitative alternative». Così Avvenire sintetizza l’ultimo Rapporto dell’Associazione 21 luglio che fotografa l’emergenza abitativa dei rom in Italia.

Le persone rom che in Italia vivono in baraccopoli è passata da 28 mila nel 2016 ai 17.800 di quest’anno. Lo studio ipotizza alcuni motivi di questo drastico calo: «Il desiderio delle nuove generazioni di intraprendere con successo percorsi di fuoriuscita autonomi, lo stato di abbandono e degrado di alcuni mega insediamenti giudicato insostenibile, il processo virtuoso di alcune amministrazioni, gli sgomberi forzati che hanno indirizzato le comunità in insediamenti informali o occupazioni di immobili»

Negli anni scorsi si è insistito molto sulla retorica (e sul metodo) degli sgomberi forzati, che però hanno l’ovvio esito di “spostare” il problema senza risolverlo, aggravando situazioni di disagio. Secondo Articolo 21 gli unici risultati di tali politiche sono: «Sperpero di denaro pubblico, violazioni di diritti, esodo verso micro-insediamenti informali in anfratti o boscaglie, che aumentano il rischio di marginalizzazione e pongono le premesse per ulteriori sgomberi».

Per l’Associazione 21 luglio il superamento dei campi rom in Italia «deve abbandonare l’approccio etnico delle leggi ad hoc e delle politiche speciali, ma affrontare il problema dell’emergenza abitativa senza distinzioni etniche: in Italia riguarda circa 50 mila persone tra rom, immigrati e italiani».

Transizione abitativa

Nei mesi scorsi l’Istat ha pubblicato un’analisi che ha coinvolto tutti i comuni italiani con almeno 15 mila abitanti e ha raccolto informazioni sui progetti di transizione abitativa (in corso o già conclusi) messi in atto a partire dal 2012, quando ha preso avvio la Strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Caminanti (2012-2020).

Secondo l’indagine, dei 745 comuni coinvolti, il 6,6 per cento ha realizzato o ha in corso di realizzazione progetti di transizione abitativa relativi all’applicazione di tale Strategia. Questa si sviluppa su quattro direttrici: lavoro, scuola, sanita?, abitare. Non sempre i comuni sono riusciti a mettere in campo progetti che comprendessero tutti gli elementi. «Complessivamente due quinti dei progetti (36 progetti su 89) agiscono simultaneamente su tutti e quattro gli assi della Strategia nazionale, sottolineando l’importanza di intraprendere una serie di azioni e misure secondo un approccio integrato all’inclusione. Inoltre, tre quinti dei progetti di transizione abitativa (55 progetti su 89) contemplano almeno due dei quattro ambiti d’azione previsti dalla Strategia nazionale. Meno di due quinti dei progetti prevedono, invece, in via esclusiva l’ambito di azione relativo all’abitare».

A livello geografico, «I progetti di transizione abitativa realizzati o in corso nell’alveo della Strategia nazionale risultano concentrati soprattutto nelle ripartizioni geografiche del Nord e del Centro – si legge nel report –, considerando come variabili chiave sia il numero di comuni con progetti di transizione abitativa 2012-2020, sia il numero di progetti. Circa due terzi dei comuni nei quali sono stati rilevati progetti di transizione abitativa nel periodo 2012- 2020 afferiscono alle regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna (27 comuni su 42 comuni complessivi). Considerando il numero di progetti, tre quarti del totale dei progetti di transizione abitativa afferisce alle regioni: Toscana, Trentino-Alto Adige, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna (72 progetti su 96 totali)».

È piuttosto importante considerare anche l’aspetto lavorativo negli interventi di transizione, perché spesso la sostenibilità delle spese è una delle maggiori criticità ricontrate nella realizzazione dei progetti. «Tali aspetti dovrebbero ricoprire un ruolo principale nella progettazione e nella realizzazione dei progetti attraverso l’individuazione di azioni multisettoriali – scrive Istat –. Altre problematiche frequentemente riscontrate riguardano i problemi di convivenza con il vicinato e gli episodi di contestazione da parte della cittadinanza. Tali problemi mettono in luce la particolare fragilita? di alcuni contesti sociali e la necessita? di azioni mirate a supporto dei progetti di transizione abitativa».

(Foto di Caroline Hernandez su Unsplash )

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