In questi giorni, alcune testate del web stanno pubblicando lettere e interviste di ex collaboratori di ItaliaLavoro, società per azioni partecipata al cento per cento dal Ministero dell’economia e delle finanze ed emanazione del Ministero del lavoro, che ha come mission la stabilizzazione del precariato e l’assistenza al ricollocamento. Tali testimonianze stanno mettendo in luce la surreale contraddizione per cui, nonostante la natura giuridica e lo scopo dell’agenzia, essa si regge sul lavoro precario. Dei circa 800 dipendenti complessivi, secondo la testata online Dazebao, si contano 500 assunti con contratti a progetto, di collaborazione o comunque in forme a tempo determinato: nella maggior parte dei casi, le promesse di un’assunzione definitiva si sono rivelate inconsistenti, e vi sono numerosi casi di dipendenti assunti con contratti a tempo determinato da ben dieci anni, nonostante un regolamento aziendale del 2008 preveda un massimo di tre anni per l’utilizzo di forme contrattuali temporanee nei confronti dello stesso lavoratore.

Finora pochissimo spazio è stato dedicato alla vicenda sulla carta stampata, con l’eccezione del Venerdì di Repubblica, che sul numero del 24 agosto ha pubblicato una lettera firmata, nello spazio “Per posta”, curato da Michele Serra. Così scrive l’ex-collaboratore: «Gentile Serra, Italialavoro è l’agenzia tecnica del Ministero del lavoro. Eppure si regge quasi esclusivamente sui collaboratori: sui precari, insomma. Quelli che si dice di voler disincentivare e, uno dei tanti paradossi di questa azienda, quelli per i quali Italialavoro attua uno dei suoi progetti più grossi e importanti, Welfare to Work, finalizzato proprio a stabilizzare i lavoratori. Ecco, io vengo proprio da quel progetto. Lavoravo per cercare di stabilizzare lavoratori, mentre altri pensavano a come lasciarmi a terra.

Sì, perché a dicembre, grazie a Monti e Fornero, in centinaia se non di più l’azienda ci ha abbandonato. Fino a quel momento, di contratto in contratto, si riusciva a lavorare. Scusi, a “collaborare”. Da dicembre non più, e collaboratori anche storici sono rimasti fuori, senza alcuna prospettiva. Gente che magari nella sua follia aveva anche fatto un figlio, o comunque si era sposata (a oggi, si contano più di cento vertenze individuali da parte di co.pro. che rivendicano i propri diritti). Ecco, il ministero, ovverosia Italialavoro, ci ha completamente abbandonato. Spero vogliate ospitare questa lettera. Fate in modo che nessuno si dimentichi di noi. Delle nostre vite, delle nostre esistenze in sopravvivenza».

Leggendo un’altra testata online, Globalist, si scopre che «Un’agenzia privata interinale come Obiettivo Lavoro stabilizza i suoi lavoratori, mentre l’agenzia del ministero ItaliaLavoro che attua progetti di supporto e ricollocazione al lavoro, mantiene i suoi lavoratori quasi tutti in precariato, e ora li manda via». Pensare alle vie legali non lascia molti margini di possibile riscatto: «Sì, è vero, siamo in tanti -ha dichiarato una fonte anonima a Dazebao-, ma essendo soggetti a contrattazione individuale partiamo in netto svantaggio poiché in tale situazione non esiste un vero e proprio strumento che ci tuteli collettivamente. Insomma, sarebbe la classica lotta di Davide contro Golia».

Su questa, come su tante altre vicende legate al lavoro in Italia, sarebbe opportuno che il Ministero del lavoro si pronunciasse. In procinto di assistere ai provvedimenti della cosiddetta “fase 2” del governo, annunciata nei giorni scorsi e in attesa di essere tradotta da documento programmatico a legge dello Stato, è come minimo doverosa una spiegazione a queste persone che, dopo anni di incertezza sul futuro, ora ne hanno davanti uno decisamente cupo.