In Italia è da poco stato smantellato dalla Corte costituzionale il sistema di voto maggioritario a vantaggio di quello proporzionale. Mentre la politica si divide tra una timida (e un po’ di facciata) volontà di riformare la materia e una ben più evidente tendenza ad adeguarsi ai nuovi equilibri, il mondo dell’economia piange la morte Kenneth Arrow. Colui che, già nel 1951, era giunto alla conclusione che non c’è un sistema soddisfacente di votazione per prendere decisioni razionali.
La sua scomparsa è avvenuta il 21 febbraio a Palo Alto, California. Aveva 95 anni, la maggior parte dei quali passati a concepire (e poi rielaborare in maniera sempre più raffinata) modelli che avrebbero influenzato pesantemente l’economia e la politica. Modelli che gli sono valsi un premio Nobel per l’economia nel 1972 (insieme a John Hicks), quando aveva solo 51 anni, cosa che lo rende tuttora il più giovane economista ad averne ricevuto uno. Sui giornali italiani (salvo quelli economici) non è stato dato particolare spazio alla sua scomparsa, eppure sulla sua teoria dell’equilibrio si basa, per esempio, la riforma sanitaria Obamacare, messa attualmente in discussione dall’amministrazione Trump.
Come scrive il New York Times (traduzione nostra), «il professor Arrow ha anticipato la moderna analisi dei mercati in cui chi vende e chi compra non condivide informazioni accurate (ora conosciuti come mercati asimmetrici). Con un articolo dei primi anni ’60 di sorprendente lungimiranza, ha analizzato con cura le complessità che informazioni asimmetriche creano nel mercato delle assicurazioni sanitarie». «La conclusione del ragionamento di Arrow è potente – spiega Sebastiano Maffettone sul Sole 24 Ore –: esiste un sistema di equazioni coerente che dimostra che esistono prezzi in grado di portare tutti i mercati a un equilibrio simultaneo. Tradotto più semplicemente, ciò vuol dire da un lato che i mercati competitivi sono efficienti e dall’altro che se vuoi efficienza economica devi presupporre qualcosa come un mercato competitivo». Dunque l’efficienza del modello competitivo presuppone l’esistenza di un contesto ideale (il mercato competitivo) che nella realtà non esiste.
Per quanto riguarda i sistemi elettorali, la conclusione di Arrow a seguito dei suoi studi è, come si diceva in apertura, che nessun sistema è in grado di portare a soluzioni razionali, né è possibile arrivare a tale risultato facendo una sommatoria delle preferenze dei singoli cittadini. «Consideriamo un’assemblea legislativa che debba scegliere il proprio leader fra tre candidati – scrive il New York Times –: Alice, Betty e Harry. Se l’assemblea dovesse scegliere prima tra Alice e Betty, e poi tra il vincitore di questa sfida e Harry, potrebbe arrivare a una decisione diversa rispetto a se la prima scelta fosse stata tra Alice e Harry. Siccome l’ordine con cui l’assemblea vota è arbitrario, il vincitore di questo sistema di voto diventa arbitrario. Questo pone la politica in una posizione imbarazzante. Nella ricerca di risultati non arbitrari, gli studiosi delle scienze sociali si sono prodigati nell’elaborare diversi modi di condurre il voto. Per esempio, l’assemblea potrebbe far concorrere i tre candidati nel turno iniziale e prevedere una sorta di ballottaggio. O potrebbe dare a ogni membro la possibilità di assegnare voti multipli, da assegnare ai candidati in proporzione alla consistenza delle preferenze. Ma nessun sistema di voto, per quanto ben congegnato, ha risolto i problemi associati al voto a maggioranza. In un teorema di sbalorditiva generalità, il professor Arrow ha provato che nessun sistema di voto a maggioranza funziona in maniera soddisfacente, secondo un’accurata definizione di “soddisfacente” (generalmente accettata dagli studiosi di scienze sociali)».
Queste conclusioni, apparentemente ovvie, hanno cambiato il corso degli studi di questo settore. «Il teorema di impossibilità di Arrow è di una bellezza matematica notevole e insieme di una grande semplicità formale – continua Maffettone –. Il motivo per cui è diventato tanto famoso ha probabilmente a che fare con la sua generalità congiunta come si diceva a un formalismo ineccepibile. Centinaia di economisti, dopo il 1951, si sono dati da fare cercando di dare al teorema un esito meno drammatico. Di qui è nato addirittura un ramo dell’economia e della scienza politica, chiamato “social choice”, in cui si sono esercitati economisti assai noti e vincitori di Nobel».
L’amara conclusione è che anche Kenneth Arrow, dall’alto delle sue geniali intuizioni, ha dovuto riconoscere che un modello soddisfacente di società non esiste, per quanto si sia sforzato di elaborarne il modello. Per lo meno gli Stati Uniti hanno avuto il buon senso di tenere in alta considerazione il suo contributo, non solo con le medaglie, ma coinvolgendo Arrow in posizioni di responsabilità sotto diverse amministrazioni (ultima quella Obama). Quale mente illuminata sta invece dietro all’imbarazzante dibattito politico italiano? Se ce n’è una, probabilmente sta cercando di allontanarsi fischiettando.
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