A partire dagli anni ’90, la barriera corallina ha conosciuto cinque fenomeni di “sbiancamento”, un fenomeno altamente distruttivo. Di questi cinque eventi, tre sono avvenuti a partire dal 2016 – mostrando un’evidente accelerazione – e un quarto potrebbe essere in arrivo a breve secondo gli scienziati. La principale causa scatenante di questi eventi è l’aumento delle temperature dell’acqua – che in alcuni luoghi sono superiori alla media anche di 3 gradi – ma anche l’aumento dell’acidità dell’oceano, la perdita di ossigeno, l’inquinamento e altro ancora.
Ne scrivono gli scienziati Jodie Rummer e Scott Heron su The Conversation, sostenendo come la barriera corallina si stia avvicinando al suo punto di non ritorno, oltre il quale smetterà di essere un ecosistema vitale.
La barriera corallina, che si trova al largo del Queensland, a Nordest dell’Australia, sta attraversando condizioni ambientali così estreme che gli scienziati stessi faticano a simulare questi scenari in laboratorio, spiegano gli autori dell’articolo. Diventa quindi sempre più difficile per i ricercatori prevedere come queste condizioni influenzeranno le singole specie che vivono in quell’ecosistema, e misurare la salute e la biodiversità della barriera.
Cos’è lo sbiancamento dei coralli
I coralli sono animali che vivono in cooperazione con piccole alghe unicellulari chiamate “zooxantelle”. Le zooxantelle danno energia e colore ai coralli, che in cambio danno loro “una casa” nel proprio tessuto. Quando sono sotto stress, come avviene quando l’acqua è troppo calda, le alghe producono tossine invece di nutrimento, e il corallo le espelle.
Senza le alghe, i coralli perdono la propria fonte di nutrimento e con essa i colori vivaci che li caratterizzano, lasciando al loro posto il bianco dello scheletro calcareo.
Se le condizioni di stress rientrano, le alghe possono ritornare e il corallo, nel corso dei mesi, recupera il suo stato di salute. Se lo stress persiste, i coralli rischiano di morire: lo scheletro comincia a sgretolarsi, rimuovendo l’habitat vitale per altre specie.
Una tregua mancata
Gli scienziati avevano sperato in una tregua quest’anno, spiegano gli autori. Gran parte della barriera corallina era in fase di recupero dopo gli eventi di sbiancamento del 2016, 2017 e 2020. I ricercatori speravano in giorni nuvolosi e temperature più fresche, confidando nella pioggia. Condizioni tipicamente associate a La Niña, un fenomeno naturale che porta un clima più fresco e umido, che si è verificato sempre negli ultimi due anni.
Ma nonostante gli effetti di La Niña, il cambiamento climatico ha reso il 2021 uno degli anni più caldi di sempre. Ora, alla fine dell’estate australiana, la barriera corallina sta attraversando un’altra ondata di calore marino e avvicinandosi pericolosamente alla soglia dello sbiancamento.
Anche i coralli più forti impiegano quasi un decennio per riprendersi. E non ci sono prove evidenti che i coralli si stiano adattando alle nuove condizioni.
I danni per la fauna marina
Una barriera corallina sana ospita almeno 1.625 specie di pesci, 3.000 specie di molluschi, 630 specie di echinodermi (come stelle marine e ricci), e la lista continua, spiegano Rummer e Heron.
La fauna marina nelle barriere coralline ha tre opzioni nella situazione appena descritta: adattarsi, spostarsi o morire.
Nel corso di generazioni, il DNA delle specie animali potrebbe conoscere dei cambiamenti che le renda in grado di adattarsi alle nuove condizioni ambientali. Molte delle specie della barriera corallina, con tempi di generazione molto lenti, non possono tenere il passo con la velocità con cui stanno cambiando le condizioni del loro habitat.
Alcune specie di pesci di barriera possono iniziare a spostarsi in acque più fresche prima che gli effetti del riscaldamento si facciano sentire. Ma nemmeno questa opzione è disponibile per tutte le specie: per esempio quelle che dipendono da un particolare habitat, da certe risorse o dalla protezione di altre specie.
La terza opzione è quella di cui a nessuno piace parlare, ma che sta diventando una minaccia sempre più concreta. Se la fauna marina non può adattarsi o spostarsi, assisteremo a estinzioni su scala locale, estinzione totale di alcune specie e una drastica riduzione delle popolazioni di pesci.
La classificazione Unesco
Nei giorni scorsi sono arrivati nel Queensland i delegati dell’Unesco per monitorare la salute della barriera corallina. Il sito, patrimonio mondiale, è al vaglio per essere inserito nell’elenco delle aree “in pericolo”.
Questa classificazione aumenterebbe il livello di allarme per la comunità internazionale e, auspicabilmente, l’intensità delle azioni per contrastare l’emergenza climatica.
«Sappiamo da tempo il passo più importante da compiere per salvare la barriera corallina – scrivono gli scienziati –: tagliare le emissioni per fermare il riscaldamento globale. La continua scomparsa della barriera corallina è uno degli esempi più evidenti di come la nostra inazione come esseri umani abbia conseguenze profonde e forse irreversibili. Stiamo andando rapidamente verso un punto di non ritorno».
(Foto di Daniel Pelaez Duque su Unsplash)
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