«Cavour ammoniva che le riforme vanno fatte un attimo prima che i cittadini ne avvertano l’esigenza. Invece l’autoriforma della politica sta avvenendo in ritardo, a singhiozzo, e solo per il costante stimolo dell’opinione pubblica». Questa l’amara considerazione contenuta nel commento di Massimo Gramellini a seguito della vicenda, poi “felicemente” conclusasi, del voto parlamentare sui controlli esterni dei bilanci dei gruppi parlamentari. Su proposta del presidente Gianfranco Fini, alla Camera si è infatti discussa una riforma del Regolamento di Montecitorio, che avrebbe introdotto l’obbligo di una certificazione per i bilanci dei gruppi.
Inizialmente, l’orientamento dei gruppi è stato quello di «eliminare il controllo esterno, in base al principio dell’autogiurisdizione degli organi costituzionali». Questo il 31 luglio, mentre poi una nuova bozza è stata discussa e votata ieri dalla Giunta per il Regolamento, che ha deciso all’unanimità di adottare il nuovo testo redatto da Antonio Leone (Pdl) e Gianclaudio Bressa (Pd) e di integrarlo con il principio della verifica dei bilanci dei gruppi da parte di una società esterna.
Lieto fine per la vicenda, ed è bene che sia così. L’Avis di Legnano, tanto per fare un esempio, fa certificare da una società di revisione il proprio bilancio. È un’operazione che ha un costo, ma anche il notevole vantaggio di garantire la trasparenza delle operazioni fatte con i soldi dell’associazione da parte della dirigenza. Che, proprio come i parlamentari, amministra soldi non propri, ma della collettività.
Tornando a Montecitorio, non è tanto l’atto finale a contare, bensì il tortuoso cammino che ha portato alla delibera. E si torna alla citazione che riportavamo in apertura. In un momento in cui l’occhio dei media e dell’opinione pubblica è particolarmente puntato sulla politica e sui suoi costi, si poteva evitare questo testa coda. In nome della spending review e della riduzione del deficit di bilancio i cittadini stanno affrontando duri sacrifici (secca la battuta di Maurizio Crozza al ministro del Lavoro Elsa Fornero, martedì sera a Ballarò: «Fornero, vuole un rene?!»).
Al contempo, sono tristemente note le peripezie finanziarie del Consiglio regionale del Lazio, le cui vicende assumono tinte sempre più tragicomiche. In questo clima, tentennare per introdurre una procedura che va in direzione di una maggiore trasparenza nell’amministrazione dei soldi pubblici non è certo una mossa astuta. Il rapporto di fiducia tra cittadini e politica è molto teso, e più saggio sarebbe cogliere le occasioni per dimostrare una reale volontà di cambiamento, piuttosto che barricarsi dietro un’acrobatica interpretazione dei principi costituzionali, salvo poi fare dietrofront nel momento in cui la notizia viene diffusa più del previsto, e allora bisogna correre ai ripari.