Un particolare del palazzo della Consulta

Dopo le notizie sui rimborsi spese di consiglieri e collaboratori dell’Emilia-Romagna e quelle sui parlamentari in pensione, ci soffermiamo su un altro organo dello Stato che, senza troppo far parlare di sé, per funzionare si nutre di una quantità di soldi pubblici difficile da giustificare: la Corte costituzionale. Ne parla il professor Roberto Perotti su lavoce.info, con indagini e confronti che mettono con le spalle al muro uno degli organi più importanti e rispettati del nostro ordinamento. Come mostra una tabella sulle retribuzioni lorde, il presidente della Consulta (altro nome con cui si è soliti chiamare la Corte dal nome del palazzo in cui ha sede) guadagna 549.407 euro all’anno, mentre gli altri giudici si fermano a 457.839. Cifre che fanno arrossire se confrontate con quelle degli organi omologhi di Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti, dove ci si aggira attorno alla metà del compenso per i primi due Paesi, mentre negli Usa si scende addirittura a 173.525 euro per il presidente e 166.072 per i giudici.

La giustificazione universalmente accettata per motivare gli alti compensi delle cariche pubbliche che implicano grandi responsabilità è la garanzia di imparzialità dei funzionari pubblici. Se guadagnano tanto, saranno meno esposti alla tentazione di farsi influenzare nelle proprie decisioni in cambio di denaro o altri vantaggi. Dobbiamo dedurre che il presidente della Corte Suprema statunitense sia più disposto a farsi corrompere visto che prende “solo” l’equivalente di 173mila euro contro i 549mila del nostro? A pensare male, il diverso importo potrebbe essere interpretato come una maggiore propensione italiana a farsi corrompere, che richiede quindi un deterrente molto più consistente per mettersi al riparo dal reato. Il dato fa poi ancora più rabbia se pensiamo che in un confronto tra gli stipendi medi dei Paesi presi in considerazione, l’Italia uscirebbe piuttosto malconcia. Guardando questa classifica per esempio, si può notare come gli Stati Uniti siano al primo posto, il Regno Unito al sesto, il Canada al settimo e l’Italia solo al 21esimo. In sostanza, di fronte a un salario medio già molto basso (per non parlare degli indici di disoccupazione, altro tasto dolente del nostro Paese), i nostri giudici costituzionali si garantiscono un super-stipendio che sa tanto di beffa.

L’articolo di Perotti prosegue poi con altri dati che riguardano i costi totali dei giudici, comprensivi di rimborsi e benefit -dove la sproporzione aumenta ulteriormente- e i trattamenti pensionistici a essi riservati, con altre cifre molto consistenti. Ma soffermiamoci su un dato in particolare che potrebbe arrivare a farci gridare allo scandalo, quello sulle auto blu. Secondo i calcoli di Perotti, per ogni giorno lavorativo ogni giudice costa allo Stato 750 euro in auto blu. Come si arriva a questa cifra è presto detto. Ogni giudice in carica ha diritto a un’auto blu e due autisti, ogni giudice in pensione continua ad avere l’auto blu per il primo anno di pensione. «La spesa totale per “Noleggio, assicurazione e parcheggio autovetture” + “Carburante per autovetture” + “Manutenzione, riparazione e accessori per autovetture” nel 2013 sarà di 758mila euro -scrive Perotti-. Ma questo senza calcolare la spesa per gli autisti. Assumendo prudenzialmente un costo per lo Stato di 50mila euro per autista, e (come confermatomi dalla Corte) due autisti per giudice, arriviamo a un totale di circa 2,25 milioni, esattamente 150mila euro all’anno per giudice. Calcolando 200 giorni lavorativi all’anno per giudice, questo significa 750 euro al giorno per giudice di sola spesa per autovetture». Alla faccia dell’austerity, del taglio dei costi dello Stato, e dei tanti italiani che fanno sacrifici ogni giorno per fare fronte ai tanti problemi che si sono aperti in questi anni, continuiamo a mantenere uno Stato che si cuce addosso trattamenti da grande impero.

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