Durante le grandi emergenze, la criminalità organizzata è sempre pronta ad approfittare della situazione per trarre profitti e allargare la propria sfera di potere. La crisi economica che seguirà la pandemia di coronavirus non fa eccezione, e secondo molti analisti il rischio che le mafie cerchino di entrare nel giro degli “aiuti” per la ricostruzione è molto alto. Il vantaggio della criminalità organizzata, notoriamente, è di disporre di grandi quantità di denaro immediatamente disponibile. Un vantaggio che si pone in diretta competizione con i meccanismi di assistenza e gli stanziamenti statali previsti per fare fronte alle difficoltà dell’economia.
Un welfare parallelo
Nella criminalità non c’è burocrazia: i soldi arrivano subito e in grandi quantità. Quelli dello Stato ci mettono più tempo, che in una fase di precarietà e incertezza per il futuro è una risorsa molto preziosa. Il problema è che, come si sa, quando le mafie forniscono i loro “servizi”, hanno sempre un secondo fine. Non solo ottenere in cambio tassi d’interesse molto alti, ma anche acquisire quote e profitti dalle attività commerciali che supportano, in modo da allargare il proprio giro d’affari “legale”, che usano per controllare meglio quello illegale. Tra gli articoli usciti su questo tema nelle scorse settimane segnaliamo quello di Angela Corica per il Fatto Quotidiano. Ecco un passaggio che inquadra bene il problema: «Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, l’ha spiegato bene, facendo riferimento a un welfare che la mafia potrebbe assicurare a chi sarà in difficoltà economiche. La mafia ha sempre investito anche su settori di prima necessità, dalla filiera agroalimentare, al trasporto su gomma, dai servizi funebri alle imprese di pulizia e smaltimento dei rifiuti. Tutti settori attivi anche in questa fase di coronavirus. Il rischio, per Gabrielli, è che “la minaccia mafiosa possa esplodere con una forza inedita”, soprattutto perché già è pronta a sostenere una eventuale crisi economica. Le grandi e piccole imprese in difficoltà, qualora non riescano a prendere altri soldi in prestito dalle banche a chi si rivolgeranno, soprattutto al Sud? Alla mafia. Che per Gabrielli riuscirebbe così a infiltrarsi in settori nuovi, anche attraverso prestiti usurai». Il 23 marzo Roberto Saviano metteva già in guardia la politica, segnalando che «Bisogna mettere in sicurezza gli esercizi commerciali che vendono al dettaglio i beni di prima necessità facendo nuove assunzioni, aumentando la turnazione e gli stipendi; ogni chiusura favorisce solo le organizzazioni criminali. Oggi più che mai la politica è chiamata a prendere decisioni che determineranno la vita del nostro Paese nei decenni che verranno. È nella stagnazione dell’emergenza che vedremo il potere delle organizzazioni criminali, non in queste prime fasi, in cui si è portati a vedere solo l’eroismo e l’abnegazione dei singoli e l’intervento di uno Stato che si muove perentorio per rispondere alla crisi assumendo il volto del salvatore (sarà solo dopo che ci troveremo ad analizzare le mancanze, i tagli alla sanità, lo stato di degrado in cui versano molti ospedali pubblici, gli stipendi da fame riservati ai ricercatori)».
Scenari già noti
L’11 aprile usciva per Wired un articolo che riprendeva queste argomentazioni, riportando pareri e indicazioni di diversi esperti «Per Transcrime, centro di ricerca sul crimine dell’università Cattolica di Milano, bisogna prepararsi a quello che si è già visto succedere dopo una calamità naturale, come un terremoto o un’esondazione. Eventi imprevisti, dirompenti, che mettono in ginocchio l’economia locale e attraggono investimenti per la ricostruzione, che “sono state occasioni prolifiche per le organizzazioni criminali”, ha scritto in una recente nota del centro il direttore, Ernesto Savona». Ma il parallelo funziona anche se si pensa all’ultima grande crisi affrontata dall’Italia, quella globale del 2008. L’analisi di Savona conferma quanto scrivono Saviano e Corica: «”Lo scenario migliore per le mafie vede attività imprenditoriali fragili chiuse. Penso al piccolo commercio, le pmi, costruzioni, bar e ristoranti con problemi di liquidità, che trovano nella mafia un’opportunità immediata con prestiti a tassi bassi e la compartecipazione all’attività stessa”. Per l’avvocato Vincenza Rando (vice presidente di Libera), “ci sono tutte le condizioni perché si insinuino in una filiera imprenditoriale che si regge sul quotidiano, presente in luoghi importanti del territorio e che finora ha fatto buona economia”». Ma i rischi maggiori, e su questo sarà bene che istituzioni e autorità vigilino con grande attenzione, riguardano il settore sanitario. «Secondo Franco Mirabelli, senatore del Partito democratico in commissione Antimafia, “dobbiamo evitare che in una fase di ripartenza si abbassino le tutele di legalità e si riducano i controlli e i criteri per la partecipazione agli appalti”. Per questo per l’avvocato “servono rigore e fiducia per ripartire. E il coraggio dell’etica. L’imprenditore deve dire: io i soldi della mafia non li voglio”».
(Foto di Rene Böhmer su Unsplash)