Di recente l’Italia ha inasprito la sua opposizione alla gestazione per altri, classificandola come “reato universale” punibile per legge, anche se condotta in Paesi in cui è legale. La nuova norma amplia il divieto del 2004 che già proibiva la gestazione per altri in Italia. Questa misura ha suscitato un ampio dibattito, con i sostenitori che l’hanno elogiata come misura per proteggere le donne e i bambini, mentre i critici la considerano una violazione dei diritti riproduttivi e una minaccia per il benessere dei bambini nati attraverso tale pratica.
La terminologia utilizzata nella legge, “reato universale”, è particolarmente preoccupante, secondo una ricercatrice che ne scrive su The Conversation. La legge equipara infatti la gestazione per altri a reati gravi come il genocidio e i crimini contro l’umanità, riflettendo la forte disapprovazione del governo nei confronti di modalità riproduttiva. I sostenitori della legge, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sostengono che essa impedisca la “mercificazione” di donne e bambini. Tuttavia, gli oppositori sostengono che il divieto possa minare il benessere dei bambini nati attraverso la gestazione per altri e limitare le opzioni per le famiglie, in particolare per le coppie omosessuali.
La prospettiva giuridica internazionale offre un buon punto di vista per analizzare l’approccio rigoroso dell’Italia. La Corte europea dei diritti dell’uomo, in una sentenza del 2014 e in un parere consultivo del 2019, ha riconosciuto la mancanza di consenso sulla gestazione per altri, ma ha sottolineato l’importanza di riconoscere legalmente la relazione genitore-figlio in questi casi. Questa posizione si pone in netto contrasto con il divieto assoluto dell’Italia. Allo stesso modo, la Corte Suprema britannica, in una sentenza del 2019, ha dato priorità al benessere del bambino, affermando che negare la genitorialità legale ai genitori intenzionali potrebbe lasciare i bambini “legalmente senza genitori”. A ulteriore sostegno di questo approccio, uno studio britannico ha rivelato che la maggior parte delle madri surrogate (o gestanti per altri) non rivendicano la maternità dei bambini che hanno dato alla luce e sostengono il riconoscimento legale dei genitori designati fin dalla nascita.
Il governo italiano si è espresso apertamente a favore delle strutture familiari tradizionali. Questa posizione si riflette nell’opposizione al matrimonio tra persone dello stesso sesso e all’adozione, politiche incluse anche nel manifesto del partito. I critici sostengono che queste politiche, radicate nell’enfasi sulla maternità “naturale”, limitano la libertà riproduttiva.
L’impatto del divieto è particolarmente duro per le coppie omosessuali. Mentre le coppie eterosessuali che ricorrono alla gestazione per altri all’estero possono nascondere le circostanze della nascita del loro bambino, questa opzione non è disponibile per le coppie omosessuali. Inoltre, alle coppie omosessuali è precluso l’accesso alla fecondazione assistita o all’adozione in Italia, lasciando loro una scelta limitata. La nuova legge espone le coppie dello stesso sesso a pene severe, tra cui la reclusione fino a due anni e una multa fino a un milione di euro, costringendole a fare scelte difficili: lasciare l’Italia o affrontare potenziali ripercussioni legali.
Il divieto di gestazione per altri in Italia solleva preoccupazioni sull’erosione dei diritti delle donne e delle persone LGBTQ+ in un panorama politico sempre più influenzato da programmi populisti. Sebbene l’attuazione pratica della legge e la sua capacità di resistere alle sfide legali rimangano poco chiare, è innegabile che essa rappresenti una tendenza preoccupante che merita attenzione.
(Immagine da freepik)
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