Con il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia, si sta ripetendo uno schema visto tante altre volte. Una norma importante, su un tema complesso, passa dall’essere oggetto di dibattito e confronto a diventare una bandiera, il simbolo di una battaglia da cui, pian piano, tutti finiscono per sfilarsi. È successo spesso nella storia recente. Pensiamo per esempio al dibattito sullo ius soli e lo ius culturae (ma più in generale sulla riforma del diritto di cittadinanza), di cui tanto si parlò tra il 2016 e il 2017, salvo poi lasciar cadere il discorso perché urtava troppe sensibilità su tutto lo spettro elettorale. Un discorso simile si può fare forse per la legge sul fine vita, che fa convergere puntualmente tutti i partiti su un punto: non adesso.
Il problema, forse, è che la percezione diffusa nella politica dica che i diritti possono sempre aspettare, mentre in ogni momento c’è una qualche elezione imminente che richiede di stare alla larga da questioni delicate in termini di consenso. Sulla legge Zan ha di certo avuto un effetto la nota del Vaticano circolata qualche giorno fa, che di certo non ha aiutato a rasserenare un dibattito che già aveva abbandonato le questioni di merito per abbracciare quelle identitarie.
Di questa dinamica ha scritto ieri Carlo Verdelli sul Corriere, parlando del ddl Zan, ma anche di altro: «Ormai basta la parola e subito scatta il freno d’emergenza, come nei treni. Questo tema è “divisivo” e quindi rimandato a data da destinarsi. Rispunta dalle nebbie della politica, inattesa come una lucciola, una definizione che invece di illuminare l’azione di un governo ne spegne gli orizzonti. “Divisivo” è aggettivo solo in apparenza morbido, ma ormai viene usato come arma impropria per inibire qualsiasi passo in avanti, specialmente sul tema dei diritti civili. Tutto può essere “divisivo” e molto lo sta diventando.
Il caso forse più clamoroso è il disegno di legge Zan, pensato per tutelare, oltre ai disabili di cui nessuno parla ma che sono parte integrante del testo, la libertà di esistere della comunità omo-lesbo-trans […] Stesso destino per una delle questioni più drammatiche e cruciali del nostro tempo, e anche del nostro continente: la fuga di popoli da guerre, persecuzioni, povertà, siccità. Ma siccome non esiste parola più divisiva di “migrante”, l’Europa ha pensato bene di nascondere l’emergenza sotto un tappeto di vergogna, aumentando i finanziamenti a predoni e dittatori dei Paesi che fanno da diga alla marea umana (il famigerato “modello Turchia”) e facendo finta che il problema dei ricollocamenti e dei corridoi umanitari sia rinviabile a un prossimo vertice, in ottobre forse o magari anche più in là».
Verdelli ricorda una cosa che, con tutto il clamore e il rumore prodotti, si è perso negli scambi di colpi tra favorevoli e contrari. La legge Zan riguarda anche i disabili. Inutili i tentativi di chi ha fatto notare l’importanza del disegno di legge anche per questa categoria di persone fragili. Ormai era già diventata una legge che voleva “imbavagliare” chiunque non si uniformi al “pensiero unico”. Inutile anche che, nel merito, si siano espressi insigni rappresentanti del mondo cattolico a seguito della nota del Vaticano fatta circolare dai giornali: «Sconcertata dall’intervento vaticano è la biblista e teologa Marinella Perroni, fondatrice del coordinamento teologhe italiane, che conversando con Internazionale osserva: “Qual è il punto? Non si tratta di una legge che ti obbliga a essere omosessuale, è una legge che ti dice che se tu aggredisci un omosessuale sei punibile. Allora si apre la discussione su cosa significhi ‘aggredire’. C’è chi si attacca al fatto che basterebbe esprimere un parere contrario sull’omosessualità per essere perseguibili. Mentre ‘aggredire’, nella mente del legislatore, evidentemente significa, per esempio, insultare pesantemente un omosessuale, o usare violenza. Possiamo pure ragionare su quale sia il metodo migliore di applicare la norma ma non possiamo dimenticarci che è dal 1996 che andiamo avanti. A quell’anno risale infatti il primo progetto di legge che naturalmente si occupava ancora solamente di omofobia, non di transfobia”. […] Infine, in quanto alle scuole cattoliche e all’ipotetica giornata di impegno contro l’omotransfobia, la teologa ricorda come il calendario sia già pieno di giornate dedicate alle tematiche più varie: “L’importante è che non mi obblighino a fare cose che non voglio fare. Non è che tutte le scuole cattoliche celebrano ogni ricorrenza dell’Onu, dell’Unicef eccetera. Le giornate ‘a tema’ sono solo un modo per dare rilevanza a una questione”».
Se si tornasse a discutere nel merito, si potrebbe finalmente riflettere sul fatto che, come tutte le leggi, anche la legge Zan non risolverà del tutto i problemi che affronta. Ci vuole altro, certo, una legge non basta, ma ogni tanto è bene piantare una bandierina, mettere via un risultato e guardare avanti. Altrimenti è tutto un “benaltrismo” utile a chi vuole solo affossare ogni processo di cambiamento, per quanto lungo e accidentato. Che è poi ciò che fa notare la Fish, tornando alla questione della disabilità: «Servono leggi, norme, ma anche risorse investite in maniera adeguata. Serve anche creare consapevolezza tra le persone contro i crimini d’odio, serve una strategia per il contrasto alle discriminazioni verso le persone con disabilità. In altre parole, c’è bisogno di una autentica operazione culturale per garantire realmente l’inclusione e le pari opportunità nel nostro Paese. La FISH ribadisce la necessità di approntare strumenti statistici che vadano oltre l’aspetto sanitario e valutino il reale livello di partecipazione e di inclusione delle persone con disabilità, ivi compresi i crimini d’odio. E dunque, oltre le norme sanzionatorie, la Federazione Italiana Superamento Handicap ritiene necessaria una politica della prevenzione, che stimoli l’educazione al rispetto per l’altro. E, in questo senso, una vasta opera di sensibilizzazione presso l’opinione pubblica e la società civile, in tutti i luoghi dove si fa comunità e aggregazione sociale. FISH, quindi, valuta positivamente l’adozione di quelle norme che oltre a proteggere le persone dalle violenze contemplino azioni formative nelle scuole dedicate alla prevenzione di tutte le discriminazioni».
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