La strage di Orlando, in cui sono morte 49 persone (più l’attentatore) e ne sono rimaste ferite 53, ha riportato l’attenzione sulla facilità con cui negli Stati Uniti si possono acquistare e detenere armi da fuoco. Ma qual è la situazione in Europa? Internazionale risponde citando uno studio del Flemish peace institute, che parla di 6.700 persone uccise ogni anno da armi da fuoco. Niente a che vedere con le 33mila vittime annuali registrate negli Usa (con una differenza di popolazione decisamente a favore dell’Europa, visto che nel nostro continente gli abitanti sono 503 milioni, mentre negli Stati Uniti vivono 302 milioni di persone. Nonostante i dati decisamente confortanti per noi europei, preoccupa il fatto che non ci sia un sistema adeguato di registrazioni delle armi possedute in tutta Europa. Tanto che, degli 81 milioni di armi presenti (15 ogni cento abitanti), 67 milioni non sono registrate o sono detenute illegalmente. Anche qui, il confronto con gli Stati Uniti fa piuttosto impressione, visto che laggiù si parla di 357 milioni di armi detenute dai cittadini, con una media di 112 ogni 100 abitanti.
Occorre tenere alta l’attenzione nei confronti di movimenti e gruppi di pressione che vorrebbero una maggiore libertà nella diffusione di armi anche tra i cittadini europei. I modelli e i dibattiti che ci arrivano dall’altra parte dell’Oceano atlantico mettono in dubbio il valore costituito dall’avere una società con una diffusione ridotta di armi, ma molti studi confermano che il fatto di avere un’arma a disposizione sia un fattore che aumenta le probabilità che avvengano omicidi: «Uno degli argomenti preferiti tra chi è favorevole a una maggiore liberalizzazione del mercato delle armi è quello secondo cui chi intende commettere un omicidio non ha necessariamente bisogno di un’arma da fuoco. Ma i dati analizzati da numerosi studi dimostrano il contrario: non sempre chi non ha a portata di mano un’arma da fuoco ha il tempo o il modo di sostituirla con un’altra arma. Quel periodo di tempo che intercorre tra la crisi violenta e la ricerca di un’arma altrettanto letale a volte è sufficiente per far riacquistare lucidità al soggetto armato, o comunque è tempo utile per intervenire e fermare la violenza. Un accesso più complicato alle armi ha un impatto sul numero di suicidi e di omicidi, semplicemente perché è più complicato uccidere senza una pistola o un fucile». Negli Usa accade quasi sempre che, in seguito a sparatorie tanto gravi da scuotere la nazione, in Parlamento vengano presentate (di solito dal Partito democratico) proposte di legge che mirano a introdurre limitazioni all’acquisto di armi. Puntualmente – ed è accaduto anche dopo i fatti di Orlando – tali iniziative non hanno seguito.
Nei giorni scorsi sono state presentate ben quattro proposte (due dai Democratici, due dai Repubblicani) che miravano, seppure con modalità leggermente diverse, a impedire l’acquisto di armi per i cittadini inseriti dall’Fbi nella no-fly list. Si tratta di persone a cui, per ragioni di sicurezza (di solito legate a contatti con ambienti terroristici), è stato vietato di salire su aerei. Queste stesse persone, attualmente, non subiscono alcuna limitazione sull’acquisto di armi. I senatori dell’uno e dell’altro schieramento si sono fatti ostruzione a vicenda, finché le quattro proposte non sono state respinte. A seguito di questo episodio, alcuni senatori democratici hanno deciso di occupare l’aula del Senato, per indurre l’assise a riprendere il dibattito sul tema. Dopo qualche ora, il sit-in permanente ha raggiunto i cento senatori aderenti, ed è tuttora in corso. L’obiettivo (in un Senato a maggioranza Repubblicana) non è tanto ottenere l’approvazione di una legge a favore del controllo delle armi, quanto tenere desta l’attenzione sul tema. Di contro, molti Repubblicani sostengono la teoria del good guy with a gun, ossia che una brava persona con una pistola possa essere decisiva per evitare stragi di innocenti in luoghi pubblici. In questo articolo abbiamo già dimostrato come questa teoria non abbia alcuna attendibilità, eppure c’è chi continua a cavalcarne il messaggio semplicistico (più armi = più sicurezza).
L’Unione europea sembra si stia muovendo nel senso di una maggiore regolamentazione del commercio di armi: «Sull’onda degli attacchi a Parigi e a Bruxelles, il Consiglio dell’Unione europea ha approvato una bozza che intende modificare la direttiva sulle armi al fine di regolamentare ulteriormente la circolazione di armi da fuoco nell’Unione. Alcune delle misure che una volta valutate dal parlamento europeo potrebbero diventare legge prevedono per esempio una maggiore tracciabilità delle armi sul territorio europeo e la proibizione di alcuni tipi di caricatori e armi semiautomatiche».
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