La divisione in uomini e donne ai seggi elettorali mette in difficoltà chi sta facendo una transizione di genere. Eppure sarebbe semplice abolirla. L’articolo di Claudio Rossi Marcelli per l’Essenziale.

“Sono un ragazzo trans, i miei documenti non sono ancora stati rettificati. Quando ho realizzato che per me andare a votare avrebbe comportato subire un violento outing, a causa delle suddivisione tra uomini e donne ai seggi elettorali, ho avuto la tentazione di evitare questo disagio e salvaguardarmi”, racconta Leone, 28 anni, residente a Roma. Lui è una delle migliaia di persone trans italiane per cui andare a votare significa essere costretti a negare pubblicamente il proprio percorso di affermazione di genere. Tanto da fargli passare la voglia di esercitare il diritto di voto.

Nel caso di Leone ha poi prevalso la voglia di non essere invisibile: “Mi sono detto: ma allora dovrei anche smettere di prendere il treno, e perfino di girare per strada, per paura che mi chiedano i documenti, e assecondare così l’invisibilità che già subisco. Votare è uno degli strumenti che ho per far sì che questo non accada più, non è giusto che io ceda quegli spazi che mi spettano di diritto, ma che non sono stati pensati per me”.

In un paese in cui la rettifica dei documenti di identità delle persone trans è ancora un processo troppo lungo e lento, ogni occasione in cui bisogna presentare un documento o dichiarare il proprio genere di appartenenza può essere umiliante e dolorosa.

Nel caso della separazione tra uomini e donne ai seggi elettorali c’è l’aggravante che si tratta di un sistema non strettamente necessario, perché secondo molti basterebbe individuare un altro criterio in base al quale dividere in due le liste degli elettori.

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(Foto di Samuel Regan-Asante su Unsplash)

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