Il racconto della morte del giovane Willy Monteiro Duarte, nella provincia romana, è una tragedia inaccettabile che ne mostra anche un’altra: l’incapacità della stampa italiana di raccontarla senza cadere in cliché, interpretazioni avventate e spesso fuori luogo, disinformazione. Un’analisi di Luigi Mastrodonato su Wired.

L’omicidio di Willy Monteiro Duarte è stata una doppia tragedia. Per quella che è una morte senza senso, espressione di una brutalità e di un gangsterismo camuffato da normalità, che ci racconta ancora una volta la condizione sociale di alcuni territori italiani, come può essere Colleferro. Ma la tragedia sta anche nel modo in cui si è deciso di raccontare la vicenda, espressione più che mai delle grandi difficoltà in cui versa il giornalismo italiano.

Fin dal primo momento l’attenzione dei media si è soffermata su due aspetti. La normalizzazione della vittima, non per la sua innocenza in una vicenda completamente assurda, quanto per la sua condizione di immigrato di seconda generazione “ben integrato”, “pieno di sogni”, “gran lavoratore”. I giornali, a suon di approfondimenti sulla sua vita, hanno sentito il bisogno di spiegarci che l’italo-capoverdiano Willy Monteiro Duarte era un bravo ragazzo, come se la sua origine potesse far presupporre qualcos’altro. Eppure, l’unico motivo per cui ci sarebbe dovuto importare del colore della pelle della vittima, è per capire se dietro all’aggressione possano esserci state motivazioni di tipo razzista.

Oltre a questo comunque, i giornali hanno puntato i riflettori anche e soprattutto sui carnefici, scandagliando ogni dettaglio della loro vita ma sbagliando anche questa volta la chiave di lettura della vicenda. In alcuni casi il fatto che si trattasse di palestrati tatuati esperti in arti marziali ha portato molti editorialisti ad alzare gli scudi contro le palestre, i tatuaggi e le arti marziali stesse, un jingle a cui siamo ormai abituati e che in passato era toccato alla trap, ai videogame e via dicendo. In altri casi, si è voluto dare un lato buono a queste persone, “giovanotti svegli e concreti”, “imprenditori virtuosi”, per qualche motivo diventati d’improvviso assassini, come a stimolarci a fare un qualche ragionamento a cui personalmente non sono ancora arrivato.

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(Foto di Filip Mishevski su Unsplash)