La mattina del 20 agosto, tutta Italia è venuta a conoscenza dell’esistenza della famiglia Casamonica, a causa dello sfarzoso funerale organizzato a Roma per uno dei suoi membri, di nome Vittorio. La cerimonia ha destato molto scalpore e sollevato polemiche per le modalità eccessivamente pompose con cui si è svolta. Come a dire che Roma e lo Stato permettono a una famiglia al centro di numerose indagini una dimostrazione di forza pubblica, senza interventi del questore per impedirla (come spesso accade nel caso di famiglie mafiose siciliane) ed evitare problemi di ordine pubblico. Problemi che in effetti ci sono stati, non per scontri o polemiche in strada, ma perché fin troppa gente è accorsa a popolare il corteo, fino a creare un ingorgo che ha richiesto l’intervento dei vigili urbani per essere deviato.
Per capirci, l’“evento” si è svolto così: «Un corteo formato da una carrozza funebre trainata da sei cavalli (arrivata da Napoli) e da circa 250 automobili è partito dal quartiere Romanina, nella zona sud di Roma, e si è diretto verso piazza del Tuscolano, dove si trova la chiesa Don Bosco. […] davanti alla chiesa erano in attesa centinaia di persone e sulla facciata erano stati affissi tre manifesti che raffiguravano il defunto Vittorio Casamonica con le scritte “Vittorio re di Roma” e “Hai conquistato Roma ora conquisterai anche il Paradiso”. Una banda musicale di Frascati ha suonato il tema del film “Il Padrino”, composto da Nino Rota. Al termine della funzione un elicottero ha lanciato petali di rosa sulla folla e la bara è stata caricata su una Rolls Royce mentre la banda suonava, ha scritto l’Ansa, il tema di “2001 Odissea nello spazio”».
Del “Re di Roma” finora non si era sentito parlare granché, e in effetti il defunto Vittorio non era al momento sotto indagine o ricercato. Aveva dei precedenti penali per i quali aveva regolato i conti con la giustizia. Della famiglia Casamonica si iniziò a parlare nel 2004 – prima di allora solo alcune notizie di cronaca negli anni ’90 (già allora la famiglia era nota per il gusto lussuoso e kitsch delle proprie cerimonie) – quando emerse un sistema di riciclaggio di denaro attraverso il sistema bancario del principato di Monaco. Da lì cominciarono gli arresti e la Dia definì i Casamonica la più potente organizzazione delinquenziale del Lazio. Non i raffinati sistemi contabili della Mafia e della Camorra, non la silenziosa e invisibile influenza nelle istituzioni della malavita contemporanea. I Casamonica sono un clan “all’antica”, di quelli che picchiano ma non sparano (nel caso per farlo ingaggiano “professionisti” esterni). Pensano in grande, ma non rinunciano alle risse di quartiere. Massimo Lugli su Repubblica sintetizza così: «Smerciano coca all’ingrosso ma sono capaci di tirare il pacco a un poveraccio pagando una vecchia Golf con un assegno farlocco. Affiancano Enrico Nicoletti, ex cassiere della Magliana, nelle sue astruse speculazioni finanziarie ma si fanno arrestare per aver minacciato una badante romena che reclamava i contributi», eccetera. Ci siamo dilungati un po’, ma era utile per ricostruire il quadro. Spostiamoci ora sul versante delle polemiche.
A essere maggiormente contestato è stato, come si diceva in apertura, il fatto di permettere a una famiglia con un passato e un presente burrascosi di “mostrare i muscoli” nel bel mezzo di Roma, lasciando che uno dei suoi rappresentanti fosse acclamato pubblicamente. Purtroppo però, al di là delle questioni di ordine pubblico, tutto il resto si è svolto nel rispetto delle norme (salvo il volo dell’elicottero, che non era autorizzato a volare così basso e a gettare oggetti: al pilota è stata sospesa la licenza di volo). Si deve quindi entrare nel merito dell’opportunità o meno della cerimonia, non della sua liceità. Se una famiglia con molti soldi vuole piangere in maniera esibita e pacchiana la morte di un suo caro, ha tutto il diritto di farlo. Ciò che dovremmo chiederci è però come li ha messi da parte quei soldi, la famiglia. Le indagini sono in corso, gli arresti pure, le forze dell’ordine stanno lavorando ed è bene che continuino a farlo. Nel frattempo, ci tocca subire questo e altri eventuali funerali, matrimoni, prime comunioni e via sacramentando.
Molti se la sono presa anche con la Chiesa e col fatto che sia stata amministrata l’estrema unzione al fu Vittorio. La risposta di don Giancarlo Manieri è giusta, per quanto poco poetica: «Rifarei il funerale di Vittorio Casamonica? Probabilmente sì, faccio il mio mestiere». Più elegante sarebbe stato fare riferimento all’infinito perdono di Dio, piuttosto che a una questione di professionalità. Il riferimento è però evidentemente alla gerarchia ecclesiastica, che non può che avallare la funzione, dato che questa non si può rifiutare: «Se non c’è una presa di posizione contro la dottrina della Chiesa, il funerale non si può proibire», ha detto monsignor Giuseppe Marciante. Peccato che nove anni fa, a una persona senza precedenti penali, ma con la sfortuna di avere un male incurabile che gli rendeva la vita una sofferenza insopportabile, sia stato negato lo stesso diritto, proprio per il motivo contrario: «Con i suoi gesti e i suoi scritti si è messo in contrasto con la dottrina cattolica». Chiedere di regolamentare l’eutanasia e battersi contro l’accanimento terapeutico è evidentemente ancora un atto imperdonabile per questa Chiesa, e la dignità di una morte dolce un peccato più grave di una vita di sfarzosa disonestà.
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