Quando si parla di “notizie”, si intende quasi sempre “cattive notizie”. Chi si occupa di fare informazione è portato a occuparsi delle questioni che ritiene più urgenti, e quasi sempre quelle negative lo sono più di quelle positive, o almeno questa è la percezione. Al contempo, chi esplora i giornali o i social media in cerca di notizie, spesso è più attratto da quelle cattive. Un po’ perché queste sono di più, a livello numerico, un po’ perché siamo attirati da ciò che ci genera un qualche tipo di emozione, e questo è più facile se si parla di cose negative.

In parte la cosa si può spiegare con la teoria dell’evoluzione: come specie ci siamo abituati ad avere una reazione più rapida in caso di eventi potenzialmente negativi, in modo da aumentare le nostre possibilità di sopravvivenza.

Si potrebbero fare mille esempi e distinguo sul tema, ma l’introduzione ci serviva per due motivi: il primo era catturare la vostra attenzione parlando di cose negative; il secondo era avvicinarci al tema del titolo, ossia il fatto che la felicità nel mondo è in aumento, almeno secondo gli ultimi report che sono stati pubblicati in occasione della Giornata internazionale della felicità, che ricorreva il 20 marzo.

«L’ultima indagine Ipsos – condotta in 32 Paesi del mondo in occasione della Giornata internazionale della felicità 2023 – rivela che, in media, quasi tre persone su quattro (73%) si dichiarano felici – si legge sul sito dell’agenzia –. In particolare, i più alti livelli di felicità si registrano soprattutto in Cina (91%), Arabia Saudita (86%) e Paesi Bassi (85%), al contrario, quelli più bassi in Polonia (58%), Corea del Sud (57%) e Ungheria (50%). L’Italia non rientra tra i Paesi più felici al mondo, infatti, tra i 32 Paesi esaminati si colloca soltanto al 25° posto, nonostante ciò, è il 68% dell’opinione pubblica a dichiarare di essere felice. La felicità globale è aumentata per il secondo anno consecutivo. È di sei punti superiore a quella di un anno fa e di 10 punti superiore a quella dell’agosto 2020, pochi mesi dopo che il Covid-19 ha sconvolto la vita delle persone in tutto il mondo».

Secondo il World Happiness Report, c’è una correlazione diretta tra altruismo e benessere, che si alimentano a vicenda. Questo vale sia nel confronto tra Paesi, sia nel confronto tra individui. Ma perché?

Normalmente, spiega il report, le persone che ricevono un aiuto provano un maggiore benessere. Ma è stato osservato che ad aumentare è anche il benessere di colui o colei che aiuta. Questo risulta particolarmente evidente quando l’aiuto è volontario e motivato dalla preoccupazione per la persona assistita.

Il nesso causale vale anche in direzione opposta. Diversi studi dimostrano che quando il benessere delle persone aumenta, queste possono diventare più altruiste, creando una spirale virtuosa.

Le aree di vita in cui le persone di chiarano maggiore o minore soddisfazione variano da Paese a Paese, ma in generale sembra esserci una prevalenza di felicità per quanto riguarda i figli (nel caso di genitori), relazioni sentimentali e di amicizia, contatto con la natura, livello d’istruzione. A generare livelli più bassi di soddisfazione sono soprattutto aspetti della vita legati alla situazione nazionale (o almeno alla sua percezione), come la situazione economica o politico-sociale del proprio Paese. Ma appena sopra c’è la condizione economica individuale, quindi la dimensione personale e quella collettiva sembrano collegate.

Come sempre, quando si parla di medie nazionali e globali, si sta ovviamente parlando di valori teorici. C’è una media dei livelli di felicità riportati da ciascun individuo, ma nessun individuo riporta esattamente quei valori. E all’interno di un trend in generale miglioramento, ci saranno tante persone per cui le cose sono peggiorate, o sono rimaste più o meno uguali. Però insomma, teniamoci stretta questa buona notizia, visto che sono una rarità. E magari cogliamo l’occasione per coltivare l’altruismo, visto che fa stare meglio tutti.

(Foto di Nick Fewings su Unsplash)

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