In occasione della Festa della Liberazione, che ricorre domani 25 aprile, proponiamo una riflessione comparsa qualche anno fa sul periodico Atlante, curato da Treccani.
La celebrazione del 25 aprile non è diventata in forza dell’abitudine una ricorrenza rituale e pacificata, da festeggiare nell’indifferenza civile: è una data che fa ancora discutere e questo è segno di vitalità e di rilevanza. La festa della Liberazione è attraversata dal fecondo paradosso di essere unitaria e partigiana, in senso storico e anche letterale. In qualche modo certifica che un popolo non è una mera sommatoria di individui ma una identità diffusa che si costruisce dentro il processo storico.
La data è importante e non corrisponde alla fine della guerra in Italia, che avvenne il 3 maggio: per scelta precisa, e su proposta dell’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, si preferì infatti assumere il giorno in cui il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) proclamò l’insurrezione totale nei territori ancora occupati dai tedeschi. Si volle così dare un riconoscimento del valore e dell’importanza dei partigiani nella lotta di liberazione. È la festa dei partigiani, non degli indifferenti, di chi non partecipa e non sceglie. Sarebbe dunque un errore non considerarla la festa di tutti gli italiani, ma il 25 aprile è anche “di parte”, come iscritto nella sua genesi.
La Resistenza infatti fu guerra di liberazione nazionale ma anche guerra civile, che divise la nazione fra coloro che lottavano per la libertà e per la democrazia e coloro che si riconoscevano nel fascismo e nella dittatura. Il carattere unitario e nazionale della Resistenza è però visibile e concreto perché coinvolse e unificò in un grande movimento popolare i comunisti, i socialisti, i cattolici, i liberali, i laici e i repubblicani, i monarchici, che si fusero con parti rilevanti dell’esercito e della popolazione civile. La Resistenza è stata nella storia italiana il più importante rivolgimento che abbia avuto una larga partecipazione di massa di giovani, di donne, di operai, di intellettuali, di contadini. Le vere e proprie battaglie combattute dalle forze popolari, ad esempio durante le Quattro giornate di Napoli, che ebbero l’esito di liberare la città prima ancora dell’arrivo degli Alleati, o a Porta San Paolo a Roma, subito dopo l’8 settembre, sono lì a testimoniarlo.
(Foto di Slices of Light su flickr)
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