Come abbiamo scritto in un recente articolo, la guerra che la Russia sta conducendo contro l’Ucraina ha colpito milioni di persone. Oltre alle vittime dirette, il conflitto sta avendo implicazioni di portata più globale, come dimostra la crisi energetica in corso. Nature ha approfondito sette modi in cui la guerra sta influenzando la ricerca scientifica e come potrebbe cambiarla per i decenni a venire.
1. La ricerca ucraina in crisi
Tra le persone colpite dal conflitto ci sono i circa 95.000 ricercatori nel Paese: secondo delle stime, circa un quarto di loro (22.000) sono fuggiti altrove.
La guerra ha distrutto quello che era un sistema di ricerca in fase di lenta modernizzazione e che stava iniziando a integrarsi con i partner europei. Molte università e centri scientifici sono stati gravemente danneggiati. Probabilmente ci vorranno anni per ripristinare l’infrastruttura scientifica.
2. La Russia tagliata fuori
I ricercatori russi affermano che la reazione all’invasione sta tagliando fuori il loro Paese dalla ricerca internazionale e che molte persone sono già emigrate per avere migliori prospettive altrove. Le organizzazioni europee e statunitensi hanno tagliato i ponti con la scienza russa, cancellando anche progetti comuni.
Secondo i ricercatori russi, le sanzioni che limitano la circolazione di beni e denaro stanno influenzando le attività dei laboratori. Alcuni scienziati prevedono che l’isolamento dei ricercatori russi continuerà a lungo, riportando la scienza del Paese indietro di 10 o 20 anni e causando un’enorme fuga di cervelli di giovani scienziati. Anche se la Russia dovesse ritirarsi domani, spiega Nature, il danno per le istituzioni scientifiche è già troppo grande.
3. La fisica e lo spazio subiscono un duro colpo
La Russia ha una storia importante nel campo della fisica, che è stata a lungo al centro della diplomazia scientifica, con relazioni est-ovest che sono continuate anche durante la guerra fredda. Ma i centri di fisica sono tra quelli che hanno interrotto i legami sulla scia dell’invasione. Il CERN, il laboratorio europeo di ricerca sulla fisica delle particelle vicino a Ginevra, in Svizzera, ha sospeso le nuove collaborazioni e i contratti con scienziati e istituzioni affiliate alla Russia e ha rescisso alcuni accordi esistenti con la Russia e la Bielorussia.
Una rara area eccezione a questa tendenza, per lo più ancora in corso, è il progetto di cooperazione relativo alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), l’avamposto in orbita intorno alla Terra nato negli anni ’90 da una partnership tra gli Stati Uniti e l’ex Unione Sovietica e ora gestito dalle agenzie spaziali di Stati Uniti, Russia, Europa, Giappone e Canada.
4. La scienza artica cambia rotta
Tra le aree di collaborazione di più alto profilo tra scienziati russi e non c’è la ricerca sull’Artico, in particolare per quanto riguarda i cambiamenti climatici. L’Artico si sta riscaldando almeno tre volte più velocemente della media globale e la Russia costituisce circa la metà dell’Artico circumpolare.
Il Consiglio Artico, che è il principale forum per la cooperazione geopolitica artica e che la Russia attualmente presiede, ha sospeso i suoi lavori ufficiali all’inizio di marzo. Sette dei suoi otto membri hanno concordato a giugno di riprendere i lavori in modo limitato e senza la Russia. Molti ricercatori che operano nell’Artico, soprattutto in Europa, hanno dovuto sospendere la collaborazione con gli scienziati russi a causa delle restrizioni imposte dalle loro agenzie o istituzioni di finanziamento. Un certo numero di esperimenti sul campo, compresi gli sforzi per monitorare lo scongelamento del permafrost e il cambiamento dei paesaggi per gli allevatori di renne, si sono spostati nell’Artico nordamericano o europeo, piuttosto che nell’Artico russo.
5. Interruzione degli impegni sul clima
La guerra sembra avere un effetto di vasta portata sulla risposta del mondo al cambiamento climatico. Ha contribuito al più grande shock energetico degli ultimi decenni, facendo salire i prezzi del petrolio e del gas e rimodellando il sistema energetico globale. Questo potrebbe avere conseguenze sia positive che negative per la transizione verso un’energia più pulita.
Nel breve termine, molti ricercatori temono che l’aumento dei prezzi e le crescenti preoccupazioni per la sicurezza energetica possano tradursi in nuovi investimenti e sussidi per i combustibili fossili e in una riduzione dei fondi per quasi tutto il resto. Tuttavia, i Paesi europei stanno anche cercando di sfruttare la situazione come un’opportunità per accelerare la transizione dai combustibili fossili inquinanti all’energia pulita.
6. Battuta d’arresto per lo sviluppo sostenibile
António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato che la confluenza di guerre, della pandemia di COVID-19 e della crisi climatica sta mettendo a repentaglio i progressi verso i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite e parla di un “decennio perduto” nello sviluppo dei Paesi poveri.
Un quadro desolante per i ricercatori che si occupano di salute globale e sviluppo sostenibile. Ma la crisi potrebbe portare a una nuova attenzione per aree di ricerca trascurate. Come nel caso dello shock energetico, la crisi alimentare innescata dalla guerra potrebbe portare la ricerca sulla sicurezza alimentare a ricevere l’attenzione che merita.
7. La scienza globale si trasforma?
Le collaborazioni internazionali in campo scientifico tendono a seguire gli allineamenti geopolitici. Una rottura diplomatica di lunga durata tra l’Occidente e la Russia potrebbe quindi riflettersi anche nella ricerca, con la Russia che si orienterebbe verso una maggiore collaborazione con la Cina e l’India.
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