La guerra in corso da oltre un mese nella Striscia di Gaza, seguita agli attacchi dell’organizzazione militare Hamas in territorio israeliano, ha messo in ginocchio la popolazione locale. Tra le vittime del conflitto anche i ricercatori, così come le infrastrutture scientifiche e sanitarie. Ma gli effetti del conflitto non si fermano alle zone interessate dagli scontri a fuoco. In Israele e in Cisgiordania, racconta un articolo su Nature, i laboratori sono vuoti e la maggior parte del lavoro accademico è stato interrotto o ridotto. Inoltre, molti ricercatori israeliani sono stati richiamati come riservisti militari.

Nature ha parlato con alcuni ricercatori in Israele, Gaza e Cisgiordania, per conoscere il loro punto di vista.

Israele

Le conseguenze degli attacchi di Hamas del 7 ottobre sono state avvertite dalla comunità accademica in tutto Israele, spiega Nature, ma soprattutto a sud, vicino al confine con Gaza.

L’Università Ben-Gurion (BGU) del Negev, nella città meridionale di Be’er Sheva, a circa 40 chilometri da Gaza, ha perso 84 persone tra studenti, membri della facoltà e loro parenti. Altri cinque sono stati rapiti e nove sono stati feriti, secondo quanto riferito da un portavoce dell’università.

All’Università Bar-Ilan di Ramat Gan, vicino a Tel Aviv, 34 studenti e parenti di membri della facoltà sono stati uccisi. Anche il Weizmann Institute of Science di Rehovot, a sud di Tel Aviv, ha perso membri della facoltà.

Gaza

La Striscia di Gaza ha 17 istituti di istruzione superiore, riporta Nature, di cui sei sono università, secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese, con sede a Ramallah, in Cisgiordania. Una settima, la Al-Quds Open University (AQOU), offre istruzione a distanza. Tutte e sette le università hanno campus in aree che l’esercito israeliano ha ordinato di evacuare.

Secondo i dati del Ministero palestinese dell’Istruzione superiore e della Ricerca scientifica, con sede a Ramallah, gli edifici di cinque delle università sono stati moderatamente o gravemente danneggiati, tra cui l’Università Al-Azhar, l’Università di Gaza e l’Università islamica di Gaza (IUG), tutte a Gaza City.

Nove dei 14 edifici dell’IUG, il più antico istituto del territorio, sono stati distrutti in due serie di bombardamenti, il 9 e l’11 ottobre, che hanno colpito anche laboratori scientifici, edifici per l’IT e per l’istruzione medica. Nessuno dei 17 mila studenti e degli oltre 300 docenti dell’IUG si trovava sul posto al momento della distruzione. Tuttavia, molti sono stati uccisi o feriti in altri attacchi.

Secondo una dichiarazione dell’esercito israeliano, l’università veniva utilizzata come «campo di addestramento per agenti dell’intelligence militare, nonché per lo sviluppo e la produzione di armi» e le conferenze venivano utilizzate per «raccogliere fondi per il terrorismo». Al momento non ci sono riscontri di queste dichiarazioni.

Nature è riuscita a contattare quattro ricercatori delle università di Gaza. Tre di loro sono rimasti senza casa dall’inizio dei bombardamenti e sono tra gli oltre 1,6 milioni di sfollati in risposta alle istruzioni dell’esercito israeliano di spostarsi verso sud. Tutti hanno espresso la sensazione di essere ormai soli. Mohammad Abu Jazar, ingegnere ambientale dell’università, dice di aver perso ogni speranza che la comunità internazionale venga in loro aiuto.

Speranze di collaborazione

Le università di Israele, Gaza e Cisgiordania collaborano stabilmente con istituzioni estere, spiega Nature, ma la cooperazione tra istituzioni israeliane e palestinesi è scarsa.

Al momento, molti progetti internazionali sono sospese. Alcuni ricercatori sperano che si tratti di una situazione temporanea e che la comunità internazionale si impegni a riavviare le collaborazioni, oltre a ricostruire le infrastrutture di istruzione e ricerca di Gaza, una volta che il conflitto in corso avrà trovato una qualche forma di risoluzione. Altri sono molto meno fiduciosi: la situazione attuale «è davvero triste, davvero traumatica», ha affermato Arie Zaban, presidente dell’Università Bar-Ilan e presidente dell’Associazione dei rettori delle università in Israele. «Ma allo stesso tempo, so che supereremo tutto ciò e renderemo questo posto migliore, in nome delle persone che hanno perso la vita».

Bill Williamson, dirigente del Durham Palestine Educational Trust, un ente di beneficenza britannico che sostiene gli studenti e i ricercatori palestinesi affinché possano studiare all’Università di Durham, spera «che quando questa guerra finirà, potremo fare pressione sui governi e gli accademici a impegnarsi per aiutare la ricostruzione dell’istruzione superiore palestinese».

(Foto di Anton Dmitriev su Unsplash)

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