Poco prima dell’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili, il giornalista di Internazionale Claudio Rossi Marcelli pubblica le sue considerazioni sulla norma. L’Italia colma finalmente una lacuna normativa con una legge imperfetta, ma che costituisce un buon punto di partenza su cui impostare future correzioni e integrazioni.

Il 12 maggio alla Camera dei deputati [è stata] approvata in via definitiva la legge sulle unioni civili. A distanza di ventisette anni dalla Danimarca, che per prima ha approvato una legge sulle coppie omosessuali, l’Italia [chiude] la serie dei Paesi occidentali, che ormai riconoscono tutti – in un modo o nell’altro – le unioni tra persone delle stesso sesso. Per i cittadini italiani omosessuali e per tutti quelli che sostengono i diritti civili, si tratta di una vittoria dolceamara.

Senza dubbio una vittoria, perché se da un lato si trattava di un passo non più rinviabile, l’Italia ha mostrato più di una volta che tutto si può sempre rimandare, e anche a lungo. Nel luglio del 2000, quando centinaia di migliaia di persone sono scese in strada a Roma per il World Pride, se mi avessero detto che per altri sedici anni non sarebbe stata fatta nessuna legge – sulle unioni civili, sul matrimonio, contro l’omofobia o sulle adozioni – be’ non ci avrei creduto. Quindi ora che il governo di Matteo Renzi introduce una legge che riconosce alle coppie omosessuali gran parte dei diritti delle coppie sposate è di sicuro una vittoria contro l’indecente mancanza di senso civico che il nostro paese a volte è capace di esprimere.

La sconfitta invece è quella che si è consumata sulla pelle delle migliaia di bambini italiani discriminati per l’orientamento sessuale dei propri genitori: in Italia, anche dopo l’entrata in vigore della legge sulle unioni civili, se un bambino ha due genitori dello stesso sesso ancora non godrà delle stesse tutele giuridiche di tutti gli altri. Anche se la giurisprudenza continua a indicare con forza la strada, l’interesse prioritario del minore a vedersi riconosciuti legalmente entrambi i genitori che lo crescono e che lui ama è stato sacrificato in nome di un accanimento di principio.

Si è tirata in ballo la teoria del gender – il fantomatico complotto internazionale che secondo alcuni vorrebbe traviare la sessualità dei ragazzini – e si è brandita come arma la gestazione per altri, fenomeno che riguarda soprattutto le coppie eterosessuali e che andrebbe discusso con calma e lucidità nel rispetto di tutte le sue complesse sfaccettature. E nel paese degli slogan che sfidano la logica – nel referendum del 2005 il movimento “per la vita” è riuscito ad affossare una legge sulla fecondazione assistita pensata per aiutare chi di vita e di bambini voleva generarne ancora di più – al grido di “giù le mani dai nostri figli” è stata compiuta una gratuita e grave forma di ingiustizia verso i nostri figli.

All’indomani dell’approvazione del disegno di legge al Senato, ho scritto una lettera di ringraziamento alla relatrice Monica Cirinnà, la senatrice a cui va soprattutto riconosciuto il merito di aver saputo esprimere quella parte di paese che sostiene con convinzione i diritti civili non per interesse personale, ma per amore della democrazia: “Ora si potrebbe fare il gioco delle colpe”, le ho detto. “Gli inaffidabili cinque stelle, le femministe con il peggior tempismo del mondo, Renzi che non ha tenuto a bada da subito i cattodem, la società italiana tutta che si è lasciata influenzare come fosse un bambino di cinque anni da integralisti cattolici e alti prelati. Francamente a questo punto poco importa: è andata così, ci siamo rimasti male, ma ora la legge è uscita dal senato ed è pure una bella legge”.

Mettiamola così: questa norma è un buon punto di partenza. Ma chi pensa che passeranno altri sedici anni prima che possa concludersi il cammino dell’uguaglianza tra italiani etero e omosessuali si illude di poter fermare la storia. Da domani comincia la battaglia per il matrimonio ugualitario.

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