Da ieri, la Lombardia si può dire una regione #NoSlot, per usare un hashtag molto in voga da qualche tempo. Il Consiglio regionale ha approvato una legge che introduce numerose novità in merito al gioco d’azzardo legale, volte principalmente a premiare gli esercenti che decidono di rinunciare ad avere nei propri locali le macchinette “mangiasoldi”, oltre a dare maggiori poteri ai Comuni nel rispetto delle distanze di sicurezza tra le sale da gioco e altri luoghi sensibili come le scuole, i luoghi di culto o i negozi “compro oro”, che spesso sono l’anticamera tra il giocatore e la slot. Entrando nel merito, il Corriere parla di un meccanismo che prevede «Un aggravio dello 0,92 per cento sull’Irap per i bar con slot machine e uno sconto (della stessa misura) per chi decide di eliminarle dal proprio locale». Oltre agli incentivi erariali, «gli esercenti che rinunciano alle slot -scrive Il Giorno-, così come chi non ne ha affatto, avranno un titolo di preferenza per la concessione di finanziamenti e benefici economici regionali». È vietata inoltre la pubblicità dell’apertura e dell’esercizio di nuove sale da gioco sui mezzi pubblici.

Una legge che introduce quindi molte novità e che si pone all’avanguardia tra i provvedimenti intrapresi dagli enti locali per arginare quella che sta diventando una minaccia sociale in molti territori. Il tutto avviene, per contrasto, in un momento in cui dallo Stato non arrivano segnali di collaborazione sul tema della ludopatia, anzi. «La Regione Lombardia ha inviato nella capitale la sua proposta di legge ma non ha ottenuto alcuna risposta –ha detto Daniela Capitanucci, fondatrice di And (Azzardo e nuove dipendenze): né il Parlamento né il Presidente della Repubblica hanno dato una risposta. Unica certezza è l’ulteriore sconto alla sanzione comminata ai concessionari».

C’è infatti in sospeso un risarcimento di 98 miliardi richiesto dalla Corte dei Conti ai concessionari di videopoker, per il mancato collegamento -tra il 2004 e il 2007- dei macchinari alla rete che traccia le giocate e quindi determina gli incassi per l’erario. La multa è stata poi abbassata a 2,5 miliardi, e la proposta di sanatoria del governo Letta, contenuta nel decreto sull’Imu di agosto, prevedeva di sanare il contenzioso con il pagamento immediato del 25 per cento della multa, ossia 625 milioni di euro. Ora, con un ulteriore emendamento, si propone ai dieci esercenti di scendere ulteriormente al 20 per cento, arrivando all’importo complessivo di 500 milioni, per sanare un debito che inizialmente era valutato in 98 miliardi di euro. Una prova davvero vergognosa, che contrasta con le buone intenzioni spesso sbandierate dalla politica e fa capire quali siano gli interessi che si vogliono tutelare. Lo Stato impari dalle Regioni, che si stanno dimostrando progressivamente più sensibili al tema e alle sue ricadute sociali piuttosto che alle percentuali di guadagno previste dalle giocate o alle richieste degli esercenti.