Come ricorderete, nella primavera del 2020 si parlò molto di come il blocco delle frontiere dovuto alla pandemia stesse impedendo l’arrivo in Italia di migliaia di migranti destinati ai lavori stagionali nel settore agricolo. Tra le soluzioni proposte vi fu la regolarizzazione degli stranieri già residenti in Italia e con permesso di soggiorno in scadenza (o già scaduto), affinché potessero colmare almeno in parte quella mancanza. La cosa fu effettivamente inserita nel cosiddetto “decreto rilancio“, approvato a maggio dello scorso anno. Un primo canale di regolarizzazione prevedeva la richiesta da parte del datore di lavoro, a fronte di un contributo forfettario di 500 euro per ogni lavoratore regolarizzato. Il secondo prevedeva che a fare domanda fosse direttamente il lavoratore, a certe condizioni e a fronte di una spesa di circa 180 euro.

L’iniziativa non era rivolta solo ai lavoratori del settore agricolo, ma anche a quello delle mansioni domestiche e di cura della persona. Già a metà luglio 2020 era chiaro che la maggior parte delle domande si stava concentrando su quest’ultimo settore, mentre «I dati sul lavoro subordinato, quello che riguarda cioè l’agricoltura, il settore dove soprattutto al Sud è più ampio lo sfruttamento dei migranti irregolari, hanno continuato a restare invece molto bassi: riguardano solo il 13 per cento delle domande già perfezionate (14.360) e il 24 per cento di quelle in lavorazione (2.715). Le richieste di permesso di soggiorno temporaneo presentate agli sportelli postali direttamente dai cittadini stranieri, seguendo dunque il secondo canale, sono 5.733».

La campagna Ero straniero ha pubblicato pochi giorni fa un aggiornamento del suo monitoraggio, e pare proprio che le cose non siano migliorate: «Il quadro, seppur in lieve miglioramento, appare ancora grave in tutta Italia: delle 220.000 persone che hanno fatto richiesta, solo 11.000 (il 5%) hanno in mano un permesso di soggiorno per lavoro, mentre circa 20.000 sono in via di rilascio. Molto critica, in particolare, la situazione nelle grandi città: a Roma, al 20 maggio, su un totale di circa 16.000 domande ricevute, solo 2 pratiche sono arrivate alla fase conclusiva e non è stato ancora rilasciato alcun permesso di soggiorno».

Guardando i dati pubblicati dal Ministero, è evidente che in alcune realtà, oltre a un problema di lentezza nella lavorazione, c’è anche un tasso di rifiuto delle domande piuttosto rilevante. Se la media nazionale delle domande rifiutate è bassa (1,4 per cento), ci sono realtà in cui il dato arriva al 25 per cento, che vuol dire che in media una domanda su quattro viene rifiutata. Succede a L’Aquila, Chieti, Perugia, Pesaro e Sondrio (queste ultime arrivano rispettivamente al 27 e 28 per cento). I dati pubblicati riportano solo il dato aggregato dei permessi rilasciati. A livello locale, gli attivisti di Ero straniero hanno dovuto chiedere direttamente a prefetture e questure.

Uno dei motivi dei ritardi è probabilmente dovuto alla mancata assunzione di personale da destinare all’esame delle domande. Una misura prevista dal decreto ma attuata solo a maggio di quest’anno. Il che è piuttosto bizzarro in generale, ma lo diventa ancora di più se pensiamo che l’iniziativa di regolarizzazione è nata soprattutto per arginare un problema immediato (la mancanza di lavoratori nel settore agricolo).

Ero straniero nasce per supportare una proposta di legge su questa materia: «Continuiamo per questo a chiedere a governo e Parlamento un intervento a lungo termine che permetta di ampliare le maglie della regolarizzazione e favorire legalità e integrazione, a partire da uno strumento di emersione sempre accessibile, senza bisogno di sanatorie, che dia la possibilità a chi è già in Italia e rimane senza documenti, di regolarizzare la propria posizione se ha la disponibilità di un lavoro o è radicato nel territorio. E, più a monte, nuovi meccanismi di ingresso per lavoro o ricerca lavoro. Soluzioni, queste, previste nella proposta di legge di iniziativa popolare della campagna Ero straniero, ferma in Commissione affari costituzionali della Camera, la cui approvazione non può più aspettare”».

(Foto di Tim Mossholder su Unsplash )

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