In due casi recenti, l’Italia ha indotto le istituzioni europee a una reazione, sulla base di critiche pretestuose e vittimiste, perdendo così l’occasione per stimolare un dibattito serio su altri aspetti che meriterebbero attenzione. In un caso si trattava di una bozza di direttiva per l’efficientamento energetico degli edifici, nell’altro di un documento interno per il linguaggio inclusivo.
“Ci entrano in casa”
Valigia Blu ha spiegato in poche righe cosa conteneva la bozza della direttiva in questione: «La direttiva europea, di cui si è parlato in questi giorni, vuole fissare un termine per il passaggio degli edifici di classe energetica G ad almeno quella F e poi E. In ogni paese dell’Unione, il 15% dello stock di edifici, che corrisponde a quelli con le prestazioni energetiche peggiori, dovrà passare dalla classe G a quella F entro il 2027 e a quella E nel 2030, nel caso degli edifici non-residenziali (quelli pubblici, ad esempio); nel caso degli edifici residenziali dovrà invece passare alla classe F entro il 2030 e a quella E nel 2033. Viene proposto, inoltre, il termine degli incentivi per l’installazione di caldaie a gas entro il 2027. La Commissione Europea ricorda che gli edifici contribuiscono al 40% del consumo di energia e al 36% delle emissioni di gas serra dovute ai consumi energetici».
Niente di particolarmente minaccioso per i proprietari di case italiani, bensì misure necessarie (forse perfino troppo timide) per favorire una graduale riduzione degli sprechi energetici negli edifici.
La notizia, forse gonfiata da un comunicato stampa di Confedilizia, ha trovato sponda su alcune testate non particolarmente note per l’attitudine alla verifica delle notizie e alla misura del linguaggio. Così si è iniziato a parlare di Europa che “confisca la casa agli italiani”, o che “ci entra in casa”. E si è diffusa la falsa notizia che l’Unione europea voglia vietare la vendita e l’affitto di immobili di classe G a partire dal 2030, cosa che nella bozza circolata non è scritta da nessuna parte.
Eppure la notizia ha fatto il giro, fino ad approdare su testate dalla reputazione più rispettabile, per proseguire sui social e in tv.
Il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans è stato costretto a specificare, nel suo perfetto italiano, e con una nota ironica, che «nessun burocrate di Bruxelles confischerà la vostra casa».
Non proprio un passo indietro, visto che non c’è stato nemmeno il passo avanti, ma un caso evidente di come la retorica vittimista contro i “poteri forti” dell’Europa abbia ancora una certa presa, anche se sembrano lontani i tempi in cui i “no Euro” erano altrettanto agguerriti degli attuali “no vax”.
“Ci rubano il Natale”
L’altro episodio riguarda un documento interno della Commissione europea, pubblicato (e quindi non “segreto” come è stato detto e scritto) a fine ottobre e relativo al linguaggio inclusivo. Come riporta il Post: «Il testo elencava una serie di linee guida in cui si consigliava ai funzionari della Commissione l’uso di un linguaggio inclusivo, cioè non discriminatorio, nei documenti ufficiali della stessa Commissione. Era una guida ad uso interno, insomma, come negli ultimi anni ne sono state compilate altre da amministrazioni comunali, ministeri, università, associazioni di giornalisti o ordini dei giornalisti e nel 2018 dal Consiglio dell’Unione Europea».
Tra le altre cose, si invitava a non «dare per scontato che tutti siano cristiani perché tutti celebrano le feste cristiane, e non tutti i cristiani le celebrano nelle stesse date», e quindi a mostrarsi «sensibili al fatto che le persone hanno diverse tradizioni religiose e calendari». «E si faceva un esempio – prosegue il Post –: invece di parlare di “periodo natalizio” meglio usare l’espressione “periodo di festività”. E quando si scelgono dei nomi propri per fare degli esempi, si suggeriva di non usare solo nomi di origine cristiana, come “Maria e Giovanni”».
Anche in questo caso si è attivata la macchina vittimista, stavolta contro l’Europa che ci “ruba il Natale” e l’uso dei nomi cristiani (in certi casi l’esempio di “Maria e Giovanni” è stato distorto in “Maria e Giuseppe”, per rafforzare il preteso riferimento alle tradizioni cattoliche).
Il polverone che si è alzato (solo in Italia, così come nel caso precedente) ha portato stavolta l’Unione europea, nella persona della commissaria all’Uguaglianza, Helena Dalli, a ritirare del tutto il documento, descrivendolo “non maturo”.
Questo tipo di atteggiamenti, seppure portino consensi a chi li sostiene facendo leva sulla tendenza al piagnisteo di una parte dei nostri concittadini, non fanno però bene alla discussione collettiva. L’Unione europea è criticabile per diversi motivi, ma se si gioca sempre ad abbassare il livello della discussione al “burocrate brutto e cattivo”, le critiche più puntuali e necessarie si perderanno nel frastuono.
(Foto di Mika Baumeister su Unsplash )
Può funzionare ancora meglio
Il sistema trasfusionale italiano funziona grazie alle persone che ogni giorno scelgono di donare sangue, per il benessere di tutti. Vuoi essere una di quelle persone?