A Milano da due anni c’è un ristorante alla portata di tutti. O meglio, non è proprio per tutti, altrimenti sarebbe una mensa. Da Ruben, in via Gonin, si sceglie da un menù vero, ci sono cuochi e camerieri, i locali sono belli e curati. La cosa inusuale è il prezzo: 1 euro per un pasto completo (gratis per i minori di 16 anni). I clienti sono quelli che la crisi ha messo all’improvviso ai margini della società. Si tratta di un luogo che ha aperto con l’intenzione di dare un sostegno a chi da un giorno all’altro si è ritrovato senza lavoro, e ora deve fare i conti con cose che un tempo dava per scontate, tipo fare la spesa e mangiare.

L’iniziativa è stata ideata dall’imprenditore Ernesto Pellegrini, ex presidente dell’Inter, che per una vita si è occupato di ristorazione. Due anni fa ha deciso di mettere a disposizione una parte del proprio capitale per dare un aiuto a chi è più in difficoltà. Dopo due anni, il progetto si è dimostrato un successo, tanto che a oggi è arrivato a tesserare 3.800 persone e ad erogare 108mila pasti. Si parla di tessera perché per entrare da Ruben bisogna prima mettersi in contatto con alcune associazioni che si occupano di valutare le storie personali di tutti coloro che ne fanno richiesta. Se ci sono i requisiti per accedere al servizio, si ottiene una tessera che vale due mesi. Un periodo molto limitato (ma comunque è rinnovabile), perché l’intenzione è di non rendere gli utenti dipendenti da questo servizio. Il messaggio che si vuole far passare è che si tratta di un aiuto provvisorio, di un’utile stampella in attesa di tornare a camminare da soli.

«Vogliamo trasmettere l’idea che questa è una mano tesa, un aiuto per ricominciare, non un sussidio permanente – raccontava nel 2014 Davide Locastro, direttore della Fondazione Pellegrini Onlus e responsabile del progetto, allo Huffington Post. «Chi viene qui vuole tornare ad essere come prima, non diventare un bisogno sociale cronico. Abbiamo curato tutto nei minimi dettagli per far capire che le difficoltà non devono stravolgere i propri gusti e abitudini». Da qui l’attenzione verso gli spazi, i tempi e i gusti. «Un ambiente curato, dove ci si possa sentire a casa, dove si possa mangiare anche con la propria moglie e i propri figli. Un luogo dove ritrovare e ritrovarsi, dove riconoscersi – si legge sul sito internet di Ruben –. Vogliamo che [il tempo passato nel ristorante] vada oltre quello strettamente necessario a consumare il pasto. La nostra prospettiva è quella dello stare insieme a tavola, di un momento dedicato alle relazioni umane e sociali che da sempre caratterizzano il pasto come un’occasione di convivialità. Rispettiamo i gusti di tutti, per questo, come in tutti i ristoranti, anche da Ruben c’è la possibilità di scegliere. Ogni sera, infatti, proponiamo due menu diversi».

Per molte persone che non vengono da un ambiente familiare povero, ritrovarsi all’improvviso in una situazione di indigenza può inibire dal chiedere aiuto: «Non è una mensa dei poveri – spiegava ancora Locastro –, ma un luogo pensato per coloro a cui la crisi economica ha stravolto la vita: padri separati, gente che ha perso il lavoro, non riesce a ritrovarlo e non può più vivere la vita dignitosa di un tempo. Uomini e donne che non hanno una storia di povertà alle spalle e per questo si vergognano a chiedere aiuto». Dall’apertura nell’ottobre 2014 a gennaio di quest’anno solo il 30 per cento degli utenti ha avuto bisogno di un rinnovo continuo della tessera, mentre il restante 70 per cento ha utilizzato il servizio in media per quattro mesi, riuscendo poi a rimettere in sesto la propria vita al punto da non doversi più presentare in via Gonin.

Negli ultimi tempi l’azione della Fondazione si è ulteriormente ampliata, inaugurando un progetto dal titolo “Un lavoro, una casa per Ruben”, che ha come fine proprio quello di aiutare gli utenti del ristorante a trovare lavoro. «A inizio settembre – scrive Vita – un primo gruppo di 40 persone sono state inviate a vendemmiare in Franciacorta e ora, grazie allo sponsor Pwc, disponibile a pagare lo stipendio delle persone che saranno selezionate, e un patto con Comune e Mm, alcuni ospiti di Ruben si occuperanno della manutenzione dei caseggiati popolari di Mm al Giambellino. Una quota minima – 2 o 3 – degli alloggi sfitti recuperati dal lavoro degli ospiti di Ruben potrà poi essere gestito dalla fondazione per i casi di emergenza. Non è finita. Un secondo progetto, “Solidarietà 5.0”, cercherà di far incontrare la domanda e l’offerta dei fondi a disposizione delle famiglie in difficoltà».

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