In questi giorni si è tornati a parlare, come ciclicamente succede, delle prove degli esami di maturità. L’argomento su cui sembra esserci totale accordo tra le parti è uno solo: il tema non si tocca.

Posto che la scrittura è effettivamente una competenza importantissima da sviluppare, qualunque sia il percorso di studi o professionale che si intende seguire, bisognerebbe però preparare gli studenti a quella prova durante tutto il percorso di studi.

Al di là dei temi che periodicamente si fanno durante l’iter scolastico, infatti, la scuola italiana si concentra poco sullo sviluppo di questa competenza tra gli scolari. Marco Lodoli, scrittore e insegnante, ne ha parlato sul Foglio del 5 gennaio, descrivendo la sconsolazione provata quando i suoi studenti consegnano gli elaborati: «Il problema di fondo è che lo studente italiano non si fida per niente di ciò che ha visto, di ciò che ha vissuto, delle sue opinioni personali riguardo a qualsiasi argomento – si legge nell’articolo –. Comincia a mettere insieme frasi astratte, subordinate che sbattono su altre subordinate come in un verbale dei carabinieri delle barzellette, ripete luoghi comuni orecchiati alla tavola dei grandi, incrociati per trenta secondi in qualche dibattito televisivo tra sapientoni ed espertoni, niente di sincero, niente di vero. […] Sentono che il loro mondo non puo? interessare agli adulti, ai professori, che per fare contenti quei vecchi scemi devono fingere ragionamenti bizantini.

Il risultato è quasi sempre una schifezza, frasi scombinate che non si tengono insieme, e soprattutto una noia infinita, l’imitazione insensata delle tiritere degli adulti. Il tema così diventa il punto debole dell’esame, un gorgo di parole vuote che tira giù. E allora questo è il mio consiglio ai professori di lettere: rassicuriamo i ragazzi, facciamogli capire che vogliamo leggere il loro punto di vista sul mondo, dalla loro finestra, dal loro giovane e prezioso balcone sospeso sul flusso della vita».

Ci verrebbe da aggiungere che gli studenti non hanno bisogno solo di rassicurazioni, ma di strumenti. La scrittura è un’abilità che si impara nel tempo, con la costanza della pratica. Se i ragazzi sono insicuri è perché scrivere un testo di una certa complessità li conduce in un mondo del tutto estraneo, in cui non hanno appigli, e quindi si rifugiano nei luoghi comuni, nello scimmiottamento di ciò che vedono.

Spesso si dice che leggere è fondamentale per sviluppare il lessico e le abilità compositive. C’è del vero, ma non basta. Per imparare a scrivere bisogna che la scrittura diventi una pratica abituale tanto quanto la lettura. Altrimenti è come pensare di diventare un ottimo meccanico dedicandosi solo alla guida. Di certo le due cose sono collegate, ma è mettendo le mani sotto il cofano, e non solo sul volante, che si impara a intervenire sul motore.

Forse, oltre che sull’importanza del tema nella prova d’esame, bisognerebbe agire sul rapporto che gli studenti hanno con la scrittura, nelle sue diverse forme, lungo tutto il percorso curricolare.

Peraltro il problema, anche superando lo scoglio dell’esame di maturità, si ripresenta all’università. In Italia spesso la prima vera prova di scrittura che uno studente o una studente affronta è la redazione della tesi di laurea triennale. Come fa notare sul Corriere Chiara Berra, studente alla New York University, la pratica della scrittura è fondamentale anche per imparare a strutturare il pensiero: «È bene non dimenticare la componente creativa dello scrivere: la capacità di produrre un’idea e di saperla comunicare. L’Università è il luogo in cui questo processo deve avere luogo, dove lo studente di Filosofia, per dirne uno, deve poter essere filosofo e non soltanto storico della disciplina».

Non mancano ovviamente, nella scuola come all’università, esempi virtuosi di docenti che abituano i propri discenti a sviluppare la scrittura. Ma lettere come quella di Chiara Berra confermano che si tratta di eccezioni.

Non è una questione che riguardi solo chi studia o chi vuole intraprendere una carriera accademica o una professione intellettuale. La parola scritta è molto importante anche nelle comunicazioni interpersonali (nonostante i messaggi vocali), così come in quelle lavorative o nella gestione della burocrazia. Rapportarcisi con maggiore familiarità è una parte importante del nostro stare in società e comunicare con gli altri comprendendosi a vicenda, a qualunque livello.

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