Oggi riprendiamo un articolo di Annalisa Benini uscito ieri sul Foglio, in cui si spiega un’interessante e curiosa teoria che vedrebbe le nonne come fattore determinante per l’evoluzione della specie. In maniera meno esplicita, l’articolo fa riferimento (ed è interessante leggerlo in questa chiave) all’importanza di un punto di appoggio dalla generazione precedente nei momenti di crisi come quello attuale.

Il segreto dell’universo è l’effetto nonna. Il motivo per cui l’umanità continua la propria evoluzione, nonostante i mille ostacoli, le crisi economiche, le guerre, le dittature e la sfortuna, è l’esistenza delle nonne, cioè di signore nella seconda metà della loro esistenza, lontane dalla vita fertile, scrivono gli scienziati, ma fertili per un’altra indispensabile missione: la protezione della specie. È una teoria molto femminista e molto affascinante, esposta in un saggio di New Republic: comincia con una domanda brutale (perché le donne sopravvivono alle loro uova per molti decenni?) e finisce con la certezza che le nonne siano l’ultima risorsa naturale del pianeta, in grado di assicurare lo sviluppo e la longevità dei figli e soprattutto dei figli dei figli. Dalle donne anziane delle tribù della Tanzania che possono spendere più tempo nella ricerca di un tubero fondamentale per la sopravvivenza della tribù, mentre le figlie sono occupate con i bambini, fino alle moderne nonne entusiaste, piene di energie (e a volte di sensi di colpa per maternità scapestrate) che contribuiscono materialmente e moralmente alla crescita sana dei nipoti. Con la loro pensione, con il loro tempo, con la loro firma sulla garanzia per il mutuo, con le loro crostate, anche.

Non si sta dipingendo il ritratto di Nonna Papera, ma questo è, secondo “l’ipotesi nonna”, il motivo per cui le donne smettono di poter avere figli molto presto. Perché così possono dedicarsi alla trasformazione dell’umanità: la notizia è che le nonne, millennio dopo millennio, generazione dopo generazione, hanno fatto letteralmente crescere i nostri cervelli (e tutti gli studi sul mondo contemporaneo tra l’altro dimostrano che i bambini con i nonni accanto hanno uno sviluppo più rapido e armonioso). L’hanno nutrito con la loro dedizione e, scrive New Republic, con la saggezza sociale. Quella qualità che nessuna può avere a vent’anni, mentre si è impegnate a scoprire il mondo, ma che si acquista a poco a poco (no, non si parla di nonni, sarà per il prossimo studio). «Le calorie in eccesso e l’assistenza fornite dalle donne nella loro lunga età post fertile hanno alimentato quel lungo periodo pre fertile che è l’infanzia. Ed è quello che ci ha resi pienamente umani». Le nonne hanno salvato il mondo, e continuano ogni giorno a salvarlo, anche se diventano nonne sempre più tardi, e sempre più spesso hanno parecchie cose interessanti da fare, nella lunga età post fertile, compreso lavorare molto più a lungo. Le nonne, anche quelle che vanno ancora in discoteca, o le nonne con la pelle liscia come un chiaro di luna, o quelle invece con il fazzoletto in testa che permettono alle madri dell’est di venire a cercare lavoro qui, tamponano l’ansia. In condizioni di povertà, guerra, dittature e loro caduta, incertezza per il futuro, separazioni, restano lì, solide, magari un po’ acciaccate e con tendenza alla predica, al paragone e all’elenco quotidiano dei morti e dei malati, ma con la mano tesa (i bambini che crescono nella stessa casa con i nonni hanno minori tendenze alla depressione).

È una società di soccorso che funziona dall’inizio del mondo, anche se è sempre più complicato, e se le nonne a un certo punto decidessero di scioperare i nostri cervelli rimpicciolirebbero, le nostre vite si accorcerebbero, torneremmo presto a vivere nelle caverne e a camminare a quattro zampe. Anche per questo, sarà utile ripetere loro spesso che sono la salvezza del pianeta.