Come in molti altri campi del sapere, anche nelle scienze naturali le grandi scoperte si attribuiscono soprattutto a uomini. Abbiamo visto recentemente che la prima intuizione sul funzionamento del riscaldamento climatico si deve in realtà a una donna. Oggi, grazie a un articolo di Francesca Buoninconti per Micron, scopriamo per esempio che un libro fondamentale per la storia dell’entomologia (cioè lo studio degli insetti) è stato scritto da Maria Sibylla Merian, si intitola Metamorfosi degli insetti del Suriname, ed è stato pubblicato ad Amsterdam nel 1705. «Un libro magnificamente illustrato – scrive Buoninconti – che cambierà per sempre la storia dell’entomologia e metterà fine all’antica credenza secondo cui gli insetti erano “bestie di Satana”, animali maledetti, spiriti maligni, nati dal fango». Nonostante le fosse precluso l’accesso ai colori a olio, proprio in quanto donna, Merian riuscì con i soli acquerelli a illustrare l’oggetto dei suoi studi. Non si tratta però di un’impresa di tipo artistico: con il suo primo libro del 1675, Merian «fa qualcosa che mai nessuno aveva fatto prima: illustra la loro metamorfosi. Uovo, bruco, bozzolo, crisalide e farfalla sono raffigurati tutti sulla stessa pianta, in ordine sparso, e ogni trasformazione è descritta meticolosamente. Ma non si ferma qui: per la prima volta, lo sviluppo di ogni farfalla viene collegato a una pianta specifica, la pianta nutrice». Il suo capolavoro arriva però nel 1705: «Le sessanta tavole illustrate a colori mostrano la metamorfosi delle farfalle del Suriname (c’è anche qualche ragno, a dirla tutta) e il loro comportamento. Ma la novità principale è che alle descrizioni in olandese si affiancano quelle in latino. Finalmente tutti, anche gli scienziati, possono leggere le sue scoperte. Maria Sibylla Merian morirà nel 1717, senza mai sapere che le sue opere saranno utilizzate dallo stesso Linneo per catalogare la biodiversità del Suriname».

Ma anche nella paleontologia il contributo femminile è stato determinante quanto sottovalutato dalla storiografia. L’inglese Mary Anning, nata nel 1799, ha avuto un ruolo fondamentale in questo campo della scienza, nonostante provenisse da una famiglia molto povera. «La sola vera fortuna di Mary Anning – spiega Buoninconti – è stata quella di nascere a Lyme Regis: meta balneare dei ricchi londinesi che andavano lì a curare i loro malanni e piccola cittadina costruita nel bel mezzo di quella che oggi è conosciuta come Jurassic Coast ed è riconosciuta come patrimonio Unesco. La scogliera di Blue Lias, vicina a Lyme Regis, è infatti un sito paleontologico eccezionale: 71 strati di rocce sedimentarie – calcari misti ad argilla – che ci consentono di leggere il passato della Terra. In quelle rocce sono incastonati circa 185 milioni di anni di storia della vita sulla Terra, dal Triassico al Cretaceo». A quei tempi nessuno era consapevole dell’importanza di questo tesoro. Anche il collezionismo di Anning comincia come passatempo e come espediente per guadagnare qualcosa, finché poi non diventerà una vera e propria attività commerciale, che le permetterà di ripagare i debiti di famiglia e raggiungere una certa notorietà. «Nel 1828, intorno al suo trentesimo compleanno, trova il primo pterosauro, poi identificato come Dimorphodon macronyx. Il mondo però non è pronto per un tale talento nel corpo di una donna. […] Georges Cuvier, e come lui tanti altri scienziati dell’epoca, scrivono alla Anning per acquistare fossili, per identificarli, per confrontarsi. Ma il nome della Anning non finisce in nessun articolo, in nessun reportage: da nessuna parte nella letteratura accademica. Le sue scoperte vengono attribuite ad altri – tutti uomini – mentre i suoi fossili vengono catalogati da altri che, invariabilmente, se ne prendono il merito. E chi la cita, spesso lo fa per sminuirla». Si tratta solo di due esempi di come il ruolo e il nome delle donne abbia tardato a farsi largo nel mondo scientifico, a causa di leggi e atteggiamenti apertamente discriminatori nei loro confronti. Molte altre storie, alcune davvero sorprendenti, sono raccontate nell’articolo di su Micron, che potete leggere qui.