La strage di Orlando, in cui hanno perso la vita 50 persone e 53 sono rimaste ferite, ha riportato l’attenzione sulla sostanziale impossibilità per i gay di donare sangue negli Stati Uniti. Si tratta di un problema che riguarda in realtà molti altri Stati nel mondo, tanto che in Europa sono solo cinque i Paesi in cui c’è totale equiparazione di trattamento, a prescindere dall’orientamento sessuale. Tra questi c’è l’Italia. Si parla di “sostanziale impossibilità”, e non di divieto tout court, perché in realtà negli Stati Uniti, se una persona dichiara di avere avuto rapporti sessuali con un partner dello stesso sesso, la donazione può avvenire solo a partire da un anno dopo l’ultimo rapporto. Ecco perché, considerando l’assurdità del parametro, si può dire che negli Stati Uniti la donazione sia di fatto garantita solo agli eterosessuali. E si tratta di una conquista recente. Nel 1983, infatti, a seguito del dilagare dell’Aids, gli Usa (e altri stati) decisero di vietare la donazione a chi dichiarasse di aver avuto rapporti omosessuali.

Si tratta chiaramente di una discriminazione visto che, come ribadito da più parti nella comunità scientifica (tra cui il presidente di Avis nazionale Vincenzo Saturni), non esistono categorie a rischio, ma comportamenti a rischio. La promiscuità sessuale, associata a rapporti non protetti, è la causa principale della diffusione di malattie come l’Hiv/Aids, a prescindere dal genere delle persone coinvolte. Lo spiega anche, su Repubblica.it, Stefano Vella, esperto di Aids dell’Istituto superiore di sanità: «Confermo che il problema non è essere omosex o etero, visto che non esistono basi scientifiche per dire che un particolare orientamento sessuale sia più promiscuo di altri. In poche parole, non è la scienza a dare alibi a queste discriminazioni. Le restrizioni praticate in America hanno origini puramente politiche, sono basate sul pregiudizio che un gay sia più promiscuo. Ma non è la scienza a dirlo. È la politica, è il residuo di un pregiudizio che risale all’epoca dell’epidemia di Aids. Ma oggi l’Aids colpisce al 90 per cento gli etero, i pregiudizi sono un errore clamoroso». Di errori (politici) clamorosi è piena la storia, e spesso per tutelare una piccola minoranza rumorosa (in questo caso quelli contrari alle donazioni per i gay, che poi spesso sono “contrari ai gay” in generale) si finisce per mettere a rischio la salute di tante persone.

Il 14 giugno si è celebrata la Giornata mondiale della donazione di sangue, nonché il 148esimo anniversario della nascita di Karl Landsteiner, biologo austriaco che scoprì i gruppi sanguigni. Queste due ricorrenze ci offrono altrettanti spunti di riflessione sulla questione da cui siamo partiti. La Giornata mondiale concentra il suo messaggio di quest’anno sul fatto che “Il sangue ci unisce tutti”, incentrandolo sull’importanza del gesto della donazione e sul fatto che la scelta di chi dona sia fonte d’ispirazione per chi ancora non lo fa. C’è poi una seconda parte della campagna, altrettanto importante, che si propone di spingere i Paesi (quindi non più solo le scelte individuali, ma anche istituzionali) ad abbracciare l’idea di una donazione periodica, volontaria, non retribuita (aggiungiamo noi: anonima) e impegnarsi all’autosufficienza. Da questo punto di vista, abbandonare il pregiudizio dell’orientamento sessuale e indagare esclusivamente i comportamenti dell’aspirante donatore (che sia etero o omosessuale), contribuirebbe di certo ad ampliare il parco donatori, senza per questo mettere a rischio la sicurezza (lo dimostra il fatto che negli Stati in cui i gay non sono discriminati, come l’Italia, non si è registrato alcun aumento di casi problematici in questo senso).

L’anniversario della nascita di Landsteiner ci ricorda che lo scienziato (premio Nobel per la medicina e la fisiologia nel 1930), agli inizi del ‘900 scoprì che il sangue umano si può suddividere in quattro gruppi, a seconda degli anticorpi presenti (A, B, AB, e 0). In seguito scoprì anche il fattore Rh. I suoi studi rivoluzionarono il sistema trasfusionale e quello sanitario in generale, visto che resero possibili operazioni fino allora impensabili, come i trapianti di organi interni, per le quali sono necessari quantità di sangue molto elevate. Il pericolo che il paziente rigettasse il sangue trasfuso era molto alto, non avendo parametri affidabili per conoscere il grado di compatibilità. Grazie a queste scoperte si sono salvati milioni di vite umane in poco più di un secolo. Come si può intuire, l’orientamento sessuale non ha alcuna rilevanza in tutto questo, l’importante è che quello trasfuso sia “buon sangue”. Responsabilità di chi lo gestisce è che se ne faccia buon uso. Discriminare vuol dire impedire di donare a tante persone che potrebbero farlo, e a tanti pazienti di accedere alla trasfusione di cui avrebbero bisogno.

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