Meno di dieci anni fa, l’Unione Europea, con in testa la cancelliera tedesca Angela Merkel, rispondeva a braccia aperte all’ondata migratoria proveniente per lo più dalla Siria in guerra, proclamando “Wir schaffen das” (“Possiamo farcela”). Oggi, di fronte a un numero significativamente inferiore di arrivi, l’umore si è inasprito. Il blocco sta adottando un approccio sempre più duro nei confronti della migrazione, spinto dalla crescente influenza dei partiti di estrema destra e dal cambiamento del sentimento pubblico.

In tutta l’UE, i governi stanno attuando controlli più severi alle frontiere e adottando dure misure anti-immigrazione. La Germania ha reintrodotto i controlli e ha inasprito le leggi sull’asilo. La Francia ha giurato di ripristinare “l’ordine alle nostre frontiere” e sta esplorando modi per limitare l’assistenza sanitaria agli immigrati privi di documenti. I Paesi Bassi hanno annunciato il loro regime di immigrazione “più duro di sempre”, con l’obiettivo di congelare le nuove domande di asilo e accelerare le espulsioni. Persino la Svezia, un tempo nota per la sua posizione accogliente, sta proponendo maggiori incentivi finanziari per i migranti che tornano a casa e sta valutando una legge che imponga ai lavoratori del settore pubblico di segnalare le persone prive di documenti.

Questo spostamento verso una mentalità da “Fortezza Europa” sta sollevando preoccupazioni sul futuro dei principi fondamentali dell’UE, tra cui l’apprezzata zona Schengen, che consente di viaggiare senza passaporto tra gli Stati membri. La reintroduzione dei controlli alle frontiere da parte di Paesi come la Germania, anche se temporanea, è vista come una potenziale minaccia all’integrità di della zona.

Il nuovo stato d’animo minaccia anche il patto sull’asilo e l’immigrazione recentemente negoziato dall’UE, un fragile accordo raggiunto dopo anni di dibattiti. Il patto, che mira a rafforzare le frontiere esterne e a distribuire le responsabilità per il reinsediamento, ha già incontrato le resistenze di alcuni Stati membri. I Paesi Bassi e l’Ungheria hanno manifestato l’intenzione di non aderirvi, mentre la Francia sembra averci ripensato. Ad aumentare le ansie c’è una crescente spinta verso il trattamento “offshore” dei richiedenti asilo, un approccio controverso che prevede il trasferimento dei richiedenti asilo in Paesi al di fuori dell’UE mentre le loro richieste vengono esaminate. Quindici Stati membri, guidati da Austria, Danimarca, Italia e Repubblica Ceca, hanno chiesto alla Commissione europea di esplorare questa opzione, sollevando preoccupazioni sui diritti umani e sull’impegno dell’UE a proteggere i rifugiati.

Gli esperti avvertono che questo approccio sempre più restrittivo alla migrazione è guidato dall’opportunità politica piuttosto che dalla definizione di politiche basate su dati concreti. L’ascesa dei partiti di estrema destra ha creato un clima di paura e ansia, spingendo i partiti tradizionali ad adottare posizioni più dure per placare gli elettori. Il risultato, secondo i critici, è un tradimento dei principi fondanti dell’UE, ovvero la libertà di circolazione e i diritti umani.

L’attuale traiettoria dell’UE solleva domande fondamentali: il blocco sta abbandonando il suo impegno verso i valori umanitari a favore di un approccio securitario alla migrazione? Che ne sarà della visione di un’Europa unita basata sulla solidarietà e sulla responsabilità condivisa? Le risposte a queste domande impegnative avranno profonde implicazioni per il futuro dell’Unione.

(Foto di Florian Kurrasch su Unsplash)

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