Reddito, casa e lavoro: sono questi i requisiti minimi per una politica pubblica contro la violenza. Ma i soldi che l’Italia spende per sostenere le donne che intraprendono percorsi di autonomia sono ancora troppo pochi. L’analisi di InGenere.
Tra il 2015 e il 2022 l’Italia ha speso complessivamente 157 milioni di euro contro la violenza [sulle donne]: circa 20 per misure di sostegno al reddito, 124 per interventi di reinserimento e inserimento lavorativo delle donne fuoriuscite da situazioni di violenza, 12 per l’autonomia abitativa. Cifre decisamente insufficienti, corrispondenti a circa 54 euro al mese per donna presa in carico non economicamente autonoma.
È quanto emerge da Diritti in bilico. Reddito, casa e lavoro per l’indipendenza delle donne in fuoriuscita dalla violenza, lo studio che abbiamo curato per ActionAid Italia. E invece disporre di un reddito sufficiente, di un alloggio sicuro, di un lavoro dignitoso e di servizi pubblici ben funzionanti sono i presupposti essenziali per consentire alle donne non solo di abbandonare situazioni di violenza, ma anche di accelerare il loro processo di empowerment, diventare economicamente autonome ed esercitare il pieno controllo sulle proprie vite. Per questo devono essere gli elementi costitutivi di una politica pubblica per supportare le donne nel loro percorso verso l’indipendenza economica.
Si tratta sostanzialmente di garantire quei diritti economici e sociali tutelati da numerose leggi internazionali – inclusa la Convenzione di Istanbul – e dalla stessa costituzione italiana. Ancora lontana, però, è la realtà quotidiana delle donne rispetto alle previsioni normative. Vediamo, più nel dettaglio, a cosa ci ha portato la nostra ricerca.
La casa che non c’è
Le donne in fuoriuscita dalla violenza hanno una probabilità quattro volte superiore alle donne in generale di vivere situazioni di disagio abitativo. A causa dell’instabilità economica, molte hanno difficoltà a pagare l’affitto o le rate del mutuo, sono più esposte a sfratti o costrette a continui traslochi o a co-abitare in alloggi sovraffollati. A loro le istituzioni italiane non garantiscono una soluzione abitativa sicura ed economicamente sostenibile nel tempo. Al di fuori del finanziamento delle case rifugio che rispondono a un bisogno alloggiativo di breve periodo, dal 2015 ad oggi, l’Italia ha investito solo 12 milioni di euro per promuovere l’autonomia abitativa con interventi frammentari. Nella maggior parte dei casi per voucher per caparre, affitti, bollette o traslochi. Solo 8 regioni hanno promosso l’istituzione e l’uso di case di semi-autonomia, 11 invece hanno introdotto disposizioni per l’accesso agevolato all’edilizia residenziale pubblica.
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(Foto di Lindsey LaMont su Unsplash)
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