L’accordo fiscale con la Svizzera è argomento d’attualità in questi giorni, anche perché dall’Italia e dalla Comunità elvetica giungono segnali di una volontà di entrambe le parti di arrivare alla firma. Un evento che ZeroNegativo auspica da oltre un anno, e che oggi sembra più vicino di allora, ma ancora non ci siamo. Una notizia di questi giorni ha instillato il dubbio sull’effettiva volontà tedesca di andare a fondo nella questione. La Germania -tra le prime a proporre la soluzione del problema e intenzionata a portare i propri cittadini a pagare il dovuto alle casse dello Stato, uscendo dall’anonimato che la Svizzera garantisce ai correntisti dal 1934- ha infatti visto il suo Parlamento non ratificare l’accordo. Una secca bocciatura degli sforzi sostenuti dal premier Angela Merkel per chiudere la partita col governo svizzero? In un certo senso sì, ma non per il merito della questione, bensì perché agli occhi del partito socialdemocratico tedesco (Spd) il testo era fin troppo tenero nei confronti degli evasori, e somigliava pericolosamente a un condono.

L’accordo dava infatti la possibilità ai correntisti di mantenere l’anonimato, pagando in cambio un’imposta liberatoria variabile tra il 21 e il 41 per cento. Siamo lontani anni luce dallo Scudo fiscale, che ottenne invece i voti della maggioranza italiana, nonostante i contorni ben più morbidi (con un prelievo del 5 per cento si otteneva la possibilità di far rientrare in Italia i capitali depositati all’estero, senza ulteriori conseguenze per il correntista evasore). La sostanza è quindi che la linea degli accordi bilaterali con la Svizzera risulta ancora quella più accreditata in Europa, e infatti Gran Bretagna e Austria hanno già provveduto, mentre la Germania dovrà dirimere la questione a breve, se non vuole che slitti l’entrata in vigore dell’accordo, prevista per il primo gennaio 2013.

«L’Italia sapeva che c’era opposizione all’accordo in Germania –ha spiegato il portavoce della segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali svizzera (Dipartimento delle finanze), Mario Tuor- nelle ultime settimane era chiaro e gli italiani non hanno manifestato dubbi nel corso delle trattative, sono stati molto cooperativi». Le stime più prudenti in merito al ritorno della manovra per l’Italia parlano di un possibile guadagno iniziale di 10-15 miliardi di euro, cui andrà aggiunto il gettito garantito dalla successiva tassazione dei capitali. Anche noi inoltre siamo impegnati a uscire dall’impasse che ha portato la Germania alla bocciatura: si sta cercando il modo di evitare che l’accordo possa avere i contorni di un condono, e questo ci sta portando al rischio di non arrivare alla firma. Il tutto a un anno dall’insediamento del governo presieduto da Mario Monti, e a pochi mesi dalla fine della legislatura. Da parte nostra possiamo solo continuare ad augurarci che si giunga a un accordo quanto prima, perché la tassazione dei grandi capitali depositati all’estero è tra i primi obiettivi per la riconquista di una solidarietà sociale da parte della politica e dello Stato.