L’acqua può essere un elemento che contribuisce a scatenare i conflitti, o quello su cui costruire la pace. Il messaggio UNESCO-Nazioni Unite per la Giornata mondiale dell’acqua parte da questa considerazione, per proporre a governi di tutto il mondo di concentrarsi sull’acqua come elemento risolvere le tensioni, piuttosto che per provocarle. Quando l’acqua scarseggia o è inquinata, si legge sul sito dell’ONU, o quando le persone non vi hanno accesso, allora le tensioni aumentano.
L’ONU fa riferimento all’aumento della popolazione mondiale come una delle cause che generano scarsità di acqua nel mondo. Questo però rischia di far passare in secondo piano il fatto che i fattori sono molteplici, e spesso si tratta di un problema di distribuzione delle risorse, o di inquinamento, o di siccità (e quindi di cambiamenti climatici causati dall’attività umana), piuttosto che di “popolazione” in generale. Ancora una volta, un po’ come per l’antropocene, il rischio è di portare le persone a credere che il problema nasca da un elemento neutrale e oggettivo (ci sono troppe persone nel mondo), mentre la situazione è molto più complessa.
Il sito dell’ONU infatti sottolinea poi che l’accesso all’acqua potabile è distribuito in modo diseguale e ingiusto, e che la diffusa mancanza di cooperazione transfrontaliera sulle risorse idriche condivise mette a rischio la qualità e la quantità delle forniture, minacciando la stabilità sociale e internazionale.
L’acqua gioca spesso un ruolo nei conflitti, come si diceva in apertura. Può essere un fattore scatenante quando gli interessi dei diversi attori si scontrano e sono percepiti come inconciliabili, o quando la quantità o la qualità dell’acqua diminuiscono.
L’acqua può essere un’arma durante i conflitti, usata da attori statali e non come mezzo per ottenere o mantenere il controllo sul territorio e sulle popolazioni o per fare pressione sui gruppi avversari. Nelle operazioni militari di Israele nella Striscia di Gaza, si è visto come il controllo della disponibilità idrica, in mano a Israele, sia diventato da subito una delle armi contro la popolazione.
L’acqua può essere anche una vittima del conflitto quando le risorse idriche, i sistemi idrici o i dipendenti dei servizi di pubblica utilità sono vittime intenzionali o accidentali o bersagli di violenza. Gli attacchi alle infrastrutture civili, compresi i sistemi idrici, comportano gravi rischi per la salute e violano il diritto umanitario internazionale.
L’acqua può però essere anche uno strumento di pace. I casi di cooperazione tra stati relativi all’acqua sono in aumento, anche se c’è molto da fare. Una cooperazione pacifica in materia di acqua, all’interno dei Paesi e tra di essi, può aprire la strada a una cooperazione pacifica in tutti i settori.
L’acqua può essere una forza stabilizzante e un catalizzatore per lo sviluppo sostenibile. Bisogna quindi agire tenendo presente che l’acqua non è solo una risorsa da usare e per la quale competere: è un diritto umano, intrinseco a ogni aspetto della vita.
La cooperazione in materia di acqua crea un effetto a catena positivo. Lavorare insieme sull’acqua a livello transnazionale può accelerare il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, spiega l’ONU, migliorando la sicurezza alimentare, sostenendo gli ecosistemi, aiutando a costruire la resilienza al cambiamento climatico, contribuendo alla riduzione del rischio di catastrofi, fornendo energia rinnovabile, sostenendo le città e l’industria e promuovendo l’integrazione regionale e la pace.
Col sangue si fanno un sacco di cose
Le trasfusioni di sangue intero sono solo una piccola parte di ciò che si può fare con i globuli rossi, le piastrine, il plasma e gli altri emocomponenti. Ma tutto dipende dalla loro disponibilità, e c’è un solo modo per garantirla.