Come previsto, l’ingresso (dalla porta di servizio) nel mercato della musica italiana di una nuova società che si occupa di tutela del diritto d’autore (seppure con sede in Inghilterra) ha riacceso il dibattito sull’opportunità di mantenere in Italia il monopolio detenuto per legge dalla Siae (Società italiana autori ed editori). Al di là delle esternazioni dei primi grandi artisti (almeno a livello di fatturato) che hanno sottoscritto un contratto con l’agenzia in questione (ci riferiamo a Fedez e Gigi D’Alessio, che hanno firmato con SoundReef), che possono nascondere interessi personali, a pronunciarsi stavolta è l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), che ha inviato al Parlamento e al governo un parere in merito all’attuazione della direttiva 2014/26/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla gestione collettiva dei diritti d’autore nel mercato interno.

L’Italia, come scrivevamo su ZeroNegativo, è l’unico Paese europeo assieme alla Cechia ad avere un regime di monopolio per quanto riguarda il diritto d’autore. La direttiva, che apre verso la concorrenza tra società di collecting, in Italia è stata interpretata solo come possibilità per i singoli artisti di farsi rappresentare da società con sede in uno qualsiasi degli Stati membri. L’altra interpretazione, quella che in Italia non piace (anche se il ministro per la Cultura Dario Franceschini sembrava inizialmente voler andare in questa direzione, ma poi ha cambiato idea), vorrebbe scardinare gli ultimi monopoli esistenti e favorire una liberalizzazione del mercato. L’Agcm, nel suo parere, sottolinea come la presenza di un monopolio in Italia impedisca la libertà di scelta per gli artisti, sostenendo di fatto questa seconda interpretazione, più estensiva, della direttiva. «Il recepimento della Direttiva rappresenta, a giudizio dell’Antitrust – si legge nel comunicato –, un’occasione particolarmente rilevante da cogliere per aprire alla concorrenza l’attività di intermediazione in questo campo. Ma il disegno di legge che delega il Governo al recepimento delle direttive europee e all’attuazione di altri atti dell’Unione europea (legge di delegazione europea 2015), approvato alla Camera e attualmente in discussione al Senato, non prevede espressamente un intervento sul regime di monopolio legale della Siae. L’Autorità auspica quindi che la riforma di tale regime monopolistico venga accompagnata da un ripensamento dell’articolazione complessiva del settore, al fine di garantire una tutela adeguata agli autori nonché agli utilizzatori intermedi e finali. In tale prospettiva, l’intervento di liberalizzazione dovrebbe essere integrato da una riforma complessiva delle modalità di intermediazione dei diritti delineate dalla legge sul diritto d’autore, senza trascurare una rivisitazione del ruolo e della funzione della Siae nel mutato contesto».

Il tema non è certo semplice da affrontare, non è detto che la liberalizzazione del mercato sia di per sé un valore da perseguire, né che questa dia automaticamente la certezza di una maggiore equità e garanzia di retribuzione per gli artisti. Sono però noti i meccanismi distorsivi che caratterizzano la ripartizione dei diritti tra i diversi artisti, che premiano quelli che già godono di grande notorietà, a discapito di chi è meno conosciuto. Ovviamente una struttura così grande ha i suoi vantaggi, che andrebbero sfruttati, ossia la capacità, per esempio, di riscuotere i diritti per le riproduzioni dei brani effettuate all’estero. Il problema del controllo capillare di tutte le riproduzioni di un brano tutelato dal diritto d’autore è infatti reale, anche perché le modalità di fruizione cambiano continuamente grazie alle innovazioni tecnologiche.

Il problema è che la Siae, nonostante le enormi potenzialità, non ha dimostrato storicamente di essere in grado di stare al passo coi tempi, mantenendo anzi un livello di burocrazia e una struttura poco incentivanti, anche per chi si occupa di organizzare concerti ed eventi. L’attuale presidente Siae, Filippo Sugar, eletto nel 2015 dopo le dimissioni del predecessore Gino Paoli (accusato di evasione fiscale), ha ricevuto apprezzamenti per l’atteggiamento nuovo che sta portando nella Società. Su di lui grava però un conflitto d’interessi, visto che al contempo ricopre la carica di Ceo alla Sugar Music, la sua casa discografica. Ecco che in una stessa figura si scontrano due visioni del diritto d’autore. Da un lato il suo valore in quanto strumento per la tutela di un patrimonio culturale collettivo, quale l’opera artistica di un autore; dall’altro, la sua interpretazione in quanto mezzo per creare profitti privati, che vanno oltre l’autore e alimentano una struttura aziendale alle sue spalle. La virtù, probabilmente, sta nel mezzo. Facile a dirsi, molto meno a farsi, ma almeno ci si provi.

Fonte foto: flickr