La norma dell’amministrazione Trump che cancella la direttiva della presidenza Obama sulla libertà di scelta nell’utilizzo dei bagni nelle scuole per gli studenti transgender mette in luce quanto a Washington l’atmosfera sia confusa. Contrariamente a quanto si possa pensare, Trump durante la sua campagna elettorale non si è mai dimostrato particolarmente conservatore nelle sue posizioni a proposito di orientamento sessuale e questioni di genere. Pur senza schierarsi apertamente contro ogni tipo di discriminazione, aveva dichiarato di non essere contrario ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, considerandoli ormai un fatto acquisito.

Nel suo essere controcorrente sempre e comunque, Donald Trump si trova in disaccordo col suo partito anche su questo. I Repubblicani sono mediamente più conservatori sui temi legati al genere e alla sessualità, dunque in questo Trump è a suo modo più progressista, o meglio sembra più orientato a non mettere becco in questioni che probabilmente non gli interessano. La decisione è dunque giustificata dal fatto che, secondo il presidente, la direttiva di Obama entra in conflitto con l’autonomia dei singoli Stati nel decidere come regolarsi su questa materia.

Dunque non è corretto dire che da oggi gli studenti transgender saranno costretti ad andare nei bagni corrispondenti al loro genere di nascita, perché ogni Stato potrà dare una propria interpretazione alla norma generale che comunque impone di proteggere i ragazzi da ogni forma di discriminazione. In realtà non è corretto dire nemmeno “da oggi”, visto che sulla direttiva di Obama pendeva una causa intentata da undici Stati che chiedevano il rispetto della propria autonomia legislativa. La decisione dell’amministrazione Trump sembra dunque intromettersi nella causa in corso, dando di fatto ragione a una delle parti. Dicevamo della confusione all’interno della squadra di governo, che non è così monolitica e stretta attorno al presidente come può sembrare da qui: «Secondo fonti Repubblicane anonime consultate dai giornali americani, la questione ha però creato una spaccatura momentanea all’interno dell’amministrazione: inizialmente la segretaria del dipartimento dell’Istruzione Betsy DeVos si è opposta all’iniziativa, preoccupata dell’effetto che potrà avere nella vita di molti ragazzi transgender. È stato il procuratore generale Jeff Sessions a insistere per revocare la direttiva di Obama: quando DeVos si è detta contraria, Sessions si è rivolto direttamente al presidente Trump che ha detto a DeVos di cedere; a quel punto la segretaria all’Istruzione ha messo da parte la sua posizione, per non doversi dimettere».

Le dichiarazioni di dissenso non sono mancate da parte delle associazioni che si occupano dei diritti delle persone LGBTQ. Il Guardian ha riportato le parole di Mara Keisling, direttore esecutivo del National Center for Transgender Equality (traduzione nostra): «Si tratta di un attacco meschino a centinaia di migliaia di studenti che voglio semplicemente vivere secondo la propria natura ed essere trattati con dignità quando sono a scuola. Questi giovani già affrontano normalmente ostacoli incredibili nel proprio percorso formativo e nella ricerca di accettazione sociale. Con un tratto di penna, l’amministrazione Trump autorizza il bullismo, l’ostracismo, l’isolamento di questi ragazzi, mettendo in pericolo le loro vite». Dello stesso tenore le dichiarazioni di Chase Strangio, procuratore della ong American Civil Liberties Union: «Annullare la direttiva non cambia i diritti degli studenti tutelati dal Titolo IX [la legge federale che proibisce la discriminazione sessuale nella scuola e nelle attività]. Gli studenti transgender sono protetti dalle discriminazioni dalla legge federale e l’amministrazione questo non può cambiarlo».

Possono sembrare argomenti lontani, visto che qui da noi si perde ancora tempo a litigare sulla cosiddetta “teoria gender”, che nessuno ha ancora capito cosa sia. Sarebbe bene invece prendere spunto da fatti come questo per chiederci a che punto siamo qui in Italia su questi temi, e su quanto siano ormai delegati a soggetti per lo più estranei alla politica. Forse si teme di sporcarsi le mani con questioni troppo “impopolari”, meglio non schierarsi e parlare d’altro.

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