Il 6 aprile è stato il nono anniversario dal terremoto dell’Aquila, primo di una serie di eventi sismici che ha messo in ginocchio il capoluogo abruzzese e tutto il Centro Italia. Mario Sensini, sul Corriere dell’11 aprile, fa il punto sullo stato dei lavori di ricostruzione, che procedono molto a rilento.
Diciotto case riparate. La ricostruzione dopo il grande terremoto del 2016 in Centro Italia è tutta qui. Le abitazioni da riparare si stima siano più di 100mila, e nonostante lo Stato abbia garantito il rimborso integrale dei danni, a 20 mesi dalle prime scosse la situazione è desolante. Lo era anche prima della notte scorsa, e ora rischia di aggravarsi. «Temo che ci possa essere un effetto negativo – dice il commissario Paola De Micheli – sul processo di ricostruzione avviato». Qualcosa stava cominciando a muoversi appena adesso, con una lentezza esasperante. Oggi gli Uffici speciali della ricostruzione di Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo, stanno esaminando meno di 4 mila progetti presentati dai privati. Quelli già approvati, e dunque i cantieri aperti, sono appena 614.
Ricostruzione al palo
Nelle Marche, dove c’è la massima concentrazione dei danni, l’attività degli Uffici è quasi ferma. Le pratiche presentate, alla data [del] 10 aprile, erano 2.170, a fronte di 60-70 mila immobili danneggiati. Nell’ultimo mese, a Macerata e a Fermo, sono state presentate solo 150 domande di contributo. Nell’Ufficio, guidato da Cesare Spuri, dal quale è partito pochi giorni fa l’allarme sui ritardi, lavorano pochi tecnici e l’esame delle domande richiede tempo. Ne approvano, in media, una al giorno. E di questo passo per esaminarle tutte l’Usr di Macerata e Fermo finirà nel 2.182, impiegando 165 anni.
Come la ricostruzione privata, anche quella pubblica procede con enorme lentezza, benché ci siano tanti soldi disponibili. Nel bilancio dello Stato ci sono 7,5 miliardi per la ricostruzione pubblica e privata, poi ne sono arrivati altri 1,2 dall’Unione Europea. Però gli appalti non partono. Prima c’era un committente unico, Invitalia. Ora, per accelerare, si è consentito anche ai Comuni, e perfino alle diocesi, di divenire stazioni appaltanti. Ma quasi nessuno, soprattutto i piccoli Comuni, ha personale con le qualifiche idonee per ricoprire il ruolo di «Rup», il responsabile unico di progetto, indispensabile per il Codice degli appalti.
Casette in ritardo
In ritardo è anche la consegna delle casette. Alla fine di marzo ne erano state consegnate 3.021, il 78 per cento del quantitativo richiesto dalle quattro Regioni. Ce ne sono altre 400 già installate che però non possono essere consegnate perché non sono finiti i lavori di urbanizzazione. Ancora una volta, i maggiori ritardi sono nelle Marche. A Camerino, con l’intero centro storico in zona rossa, devono essere consegnate ancora 311 casette. A Visso, il comune guidato da Giuliano Pazzaglini, appena eletto senatore con la Lega, ne manca un terzo, come a Valfornace, vicinissimo all’epicentro delle ultime scosse.
I 43 mila sfollati
In molti Comuni ci sono stati ritardi per individuare le aree dei nuovi insediamenti dovuti alle fragilità del terreno. Problemi che in molti casi hanno fatto lievitare enormemente i costi. In alcune zone, dove è stato necessario sbancare montagne per trovare un posto sicuro, il costo effettivo delle Sae è salito da mille a 6-7 mila euro al metro quadro, come una casa nel centro di Milano. Poi però hanno risparmiato sui tasselli per ancorare i pensili, e la paura è arrivata ad abitare anche le nuove casette, dove aveva appena trovato riparo una parte dei 43 mila sfollati del Centro Italia. Oggi ce ne sono ancora 2.922 negli hotel della costa, e altri 40.129 beneficiano del contributo di autonoma sistemazione, che costa allo Stato 12 milioni di euro al mese.
Un paese per vecchi
«Siamo allo stremo» dice Mauro Falcucci, sindaco di Castesantangelo sul Nera. I 311 abitanti che aveva all’ultimo censimento oggi sono diventati 140. Quindici nelle case ancora agibili, 125 nelle 63 che sono state consegnate. E sono rimasti solo i vecchi. Nelle casette di Castelsantangelo, tra quei 140 abitanti, la metà esatta ha più di 65 anni, e i ragazzi sotto 14 sono appena tre. «Che futuro abbiamo?» si chiede Falcucci.
(Foto di Roberto Taddeo su flickr)