Foto di Robert D. Raio

Il 15 febbraio 2012, al largo delle coste del Kerala, nel sudovest dell’India, è avvenuto un incidente che ha causato la morte di due persone. A sparare sono stati due fucilieri della marina militare italiana, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, mentre si trovavano in servizio anti-pirateria sulla petroliera italiana Enrica Lexie. Le vittime sono due pescatori indiani, scambiati appunto per una nave pirata. Questo è tutto ciò che si sa, in sintesi, sull’episodio a causa del quale i due marinai sono detenuti in un carcere indiano da più di due anni in attesa di giudizio. È tutto fermo, immobile. In Italia si sono susseguiti governi e ministri degli Esteri nel corso dei mesi, ma tutto ciò che ne è seguito sono stati un paio di rientri per festività concessi ai due militari e una donazione di 145mila euro (governo Monti) alle famiglie dei pescatori come risarcimento, forse anche nella speranza (infranta) che queste ritirassero le accuse. Intanto i due marinai sono finiti nel pericoloso meccanismo della tornata elettorale indiana, di cui si conosceranno i risultati il 16 maggio, e quindi rischiano di essere tenuti in sospeso e sfruttati dalla frangia più nazionalista per ottenere consensi ai danni dei moderati, che stanno al governo e sono in difficoltà.

L’India sostiene che la competenza giuridica spetti a lei, mentre gli avvocati difensori e l’attuale governo italiano stanno puntando a rimandare il più possibile l’inizio del processo e a presentare le proprie istanze per “internazionalizzare” la questione, in modo che il tutto si svolga lontano dai giudici indiani. Poi ci si mettono anche le vacanze dei tribunali dello stato asiatico e, secondo alcune fonti, è possibile che l’ultima petizione presentata dalla difesa non sia esaminata prima della fine del periodo di pausa, ossia all’inizio di luglio. Il tempo scorre, e i due imputati invecchiano senza nemmeno sapere chi li dovrà giudicare. Al di là della politica e delle sue pantomime, fa quasi sorridere il fatto che Latorre e Girone abbiano trovato in Italia un inaspettato e nutrito gruppo di sostenitori, ossia i 150mila sikh che vivono nel nostro Paese, e che stanno organizzando una grande manifestazione in supporto dei marinai in “ostaggio”. Le motivazioni di tale supporto non sono banali e dovrebbero allarmare chi si sta occupando della vicenda: «Abbiamo già raccolto più di settemila firme – spiega Sukhdev Kang presidente della comunità sikh della Lombardia – chiediamo la liberazione dei due militari italiani e chiediamo giustizia. Viviamo in Italia da anni, ma conosciamo il sistema indiano: ci sono 118 sikh che si trovano in carcere nel Punjab da anni e le autorità non decidono niente. Esattamente come per i due Marò».

In realtà, in alcune zone d’Italia si sono già svolte alcune manifestazioni a carattere religioso che hanno raccolto migliaia di sikh, e come annunciato nei discorsi delle autorità si è fatto riferimento alla delicata questione diplomatica. In conclusione, non sta a noi dire se Latorre e Girone siano colpevoli o innocenti, ma quello a un giusto processo è un diritto al quale non si può mai rinunciare. A due anni dal fatto contestato, ciò che si è ottenuto nel tentativo di sbloccare la situazione ci sembra davvero poco.