Laura Boldrini è il nuovo presidente della Camera. La terza donna dopo Nilde Iotti e Irene Pivetti. Era una candidata “speciale”, membro di quel nutrito gruppo di rappresentanti del terzo settore che qualche mese fa ha deciso di provare la strada della politica. Ora che ricopre la terza carica dello Stato non può più considerarsi di parte, perché il presidente della Camera è una figura di garanzia che va al di là degli schieramenti. E lo testimonia il suo discorso d’insediamento, in cui ha voluto spronare l’Aula a battersi per i diritti degli ultimi, e a incarnare al meglio lo spirito della Costituzione. Lo riportiamo quasi per intero (anche con i tagli è piuttosto lungo per le nostre abitudini: qui la versione integrale), perché sono parole che condividiamo e che, in un momento di lacerazione tra cittadini, politica e istituzioni, potrebbero aiutare tutti a trovare un binario da seguire per uscire da questo momento di incertezza.

[…] Arrivo a questo incarico dopo aver trascorso tanti anni a difendere e rappresentare i diritti degli ultimi in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno. Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa Aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno. Quest’Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale. Di una generazione cha ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia. Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore. Ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento. Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.

Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato. Ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio. Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti. Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore inesplorata di un disabile. In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo. Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa. Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto. E molto, molto dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e della sua scorta che ricordiamo con commozione oggi nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio.

Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio, nel dare piena dignità alla nostra istituzione che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica. Rendiamo il Parlamento e il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani. […] L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea, dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate, con lungimiranza, da Altiero Spinelli. Lavoriamo perché l’Europa torni a essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, un luogo della libertà, della fraternità e della pace. Anche i protagonisti della vita spirituale religiosa ci spronano a osare di più: per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice, venuto emblematicamente «dalla fine del mondo». […] Consentitemi un saluto anche alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite in cui ho lavorato per 24 anni e permettetemi -visto che questo è stato fino a oggi il mio impegno- un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce. Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni. […] La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione. Stiamo iniziando un viaggio, oggi iniziamo un viaggio. Cercherò di portare assieme a ciascuno di voi, con cura e umiltà, la richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto in nostri figli. Grazie.