Nel 2023 in Italia sono state concluse 478 adozioni internazionali. Si tratta di un dato in calo rispetto al 2022, quando erano state 565, ma anche al 2020, quando erano scese a 526 a causa della pandemia. La tendenza colpisce ancora di più se paragoniamo il dato all’ultimo anno pre-pandemico: nel 2019 erano state 969, praticamente il doppio del 2023. A cosa si deve questo crollo?

Secondo un articolo pubblicato su Vita, tra le ragioni ci sono le crescenti difficoltà nei paesi di origine, come situazioni di conflitto, le chiusure adottate da vari paesi o le riorganizzazioni interne che rallentano i percorsi adottivi delle coppie. Allo stesso tempo, si nota un crescente successo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, che potrebbero ridurre la domanda di adozioni internazionali. Notizie su alcune pratiche adottive “opache” adottate in passato potrebbero avere sollevato dubbi nelle persone intenzionate alle adozioni internazionali in generale.

La situazione diventa ancora più complessa con alcuni paesi di origine, come la Bielorussia, dove le adozioni sono fermate dal 2020 a causa di questioni politiche. Queste criticità mettono in discussione la capacità e la volontà di salvare il sistema delle adozioni internazionali in Italia, sollevando interrogativi sulla sua futura esistenza ed efficacia.

Come spiega un articolo su ValigiaBlu, il sistema delle adozioni in Italia è regolato dalla legge n.184 del 4 maggio 1983, che stabilisce requisiti, diritti e possibilità sia per chi desidera adottare che per chi può essere adottato. Le coppie considerate idonee sono quelle sposate o conviventi stabilmente da almeno 3 anni, durante i quali non hanno subito separazioni, neppure “di fatto”. Inoltre, è richiesta una differenza di età tra gli adottanti e il minore compresa tra i 18 e i 45 anni, con alcune eccezioni che contemplano situazioni particolari.

Anche le persone single possono adottare, ma solo in circostanze specifiche, ad esempio se il minore è orfano di padre e madre, se ha una disabilità, o se è legato da un forte rapporto affettivo con il richiedente. La legge del 1983 prevede anche l’adozione del figlio del coniuge. Il processo di adozione può differire a seconda che sia nazionale o internazionale.

Per quanto riguarda le adozioni nazionali, i tribunali dei minorenni sono responsabili della gestione delle procedure, mentre per quelle internazionali, la Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) ha un ruolo centrale. In quest’ultimo caso, la CAI ha designato degli Enti Autorizzati che assistono le famiglie nel processo di adozione all’estero.

Il sistema presenta però varie criticità. I tempi di attesa per le adozioni sono estremamente lunghi, con coppie che aspettano fino a quattro anni e mezzo per completare il processo. La complessità e l’incertezza delle procedure, insieme ai costi elevati, rappresentano ulteriori sfide per le famiglie adottive. Inoltre, la comunicazione con la famiglia biologica del minore adottato è spesso limitata o assente, creando difficoltà nell’affrontare le questioni legate all’identità e alla storia personale del bambino adottato.

(Foto di Guillaume de Germain su Unsplash)

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