I lockdown durante la pandemia hanno accelerato il cambiamento di moltissimi ambiti professionali. Le conseguenze del lavoro a distanza sono ancora poco note, ma per certi versi preoccupanti, anche per la salute mentale. Ne scrive Riccardo Lo Bue su Scienza in Rete.

Con la pandemia, il lavoro a distanza ha conosciuto una accelerazione, e in qualche modo è stato sdoganato come la nuova normalità. Tuttavia, la crescita dei lavori erogati attraverso piattaforme digitali e di altre forme di lavoro alternativo è solo il sintomo di una trasformazione molto più profonda e duratura dei modelli di lavoro, che è iniziata molto prima della pandemia. La rivoluzione digitale ha infatti modificato radicalmente la struttura dell’impiego e delle competenze richieste, con conseguenze ancora poco note sulle condizioni dei lavoratori e sulla loro salute mentale. Questo è quanto emerge dallo studio The Hidden Inequalities of Digitalisation in the Post-Pandemic Context, pubblicato dal think tank Bruegel.

Il lavoro digitale porta con sé una maggiore precarizzazione

Il lavoro allocato attraverso piattaforme online, pensiamo per esempio alle consegne a domicilio o all’erogazione di altri servizi, noto anche come crowd-employment, si inserisce nel recente contesto della trasformazione digitale e dell’automazione. Nonostante questi tipi di lavoro siano relativamente nuovi, possono essere raggruppati sotto la categoria di lavoro non-standard (non-standard work NSW), che include i lavoratori autonomi, i contratti a tempo determinato e il lavoro part-time.

Il lavoro non-standard è aumentato notevolmente in Europa almeno dal 1995, una tendenza che si è verificata insieme a una chiara polarizzazione del mercato del lavoro, con il declino dei lavori di media qualificazione e l’aumento sia dei lavori altamente qualificati sia di quelli poco qualificati.

Sebbene i lavoratori che offrono prestazioni attraverso piattaforme online presentino alcune peculiarità, si inseriscono nell’ambito di una tendenza più ampia verso la precarizzazione del lavoro; in particolare quelli impegnati con più piattaforme hanno accordi contrattuali con più parti, il che rende difficile identificare chi sia il loro datore di lavoro sia ai fini della contrattazione collettiva sia del rispetto degli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

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