Ai danni economici e sociali provocati dagli eventi atmosferici estremi, si sommano quelli psicologici. Se ne occupa un reportage realizzato in Romagna da Alice Facchini per Internazionale, che si sofferma sull’ampia gamma emotiva che lega le persone alle numerose alluvioni avvenute nell’ultimo anno e mezzo.

“Il fango è pesante: quello che ti si attacca sui vestiti e sulla pelle, ma anche quello che ti rimane dentro. Quando vedo il cielo grigio mi innervosisco, come il mio cane: non riesco a stare ferma, prendo gli oggetti più importanti e li porto al piano di sopra, anche se so che l’acqua potrebbe arrivare anche lì”. Quando si è trasferita a Faenza, 16 anni fa, Stefania Castiglia non voleva credere al monito di sua madre: “Quella casa è troppo vicina al fiume!”. Non avrebbe mai immaginato che quella piccola villetta comprata con tanti sacrifici sarebbe stata colpita da tre alluvioni: due nel maggio 2023 e una nel settembre 2024. “Per tre volte abbiamo avuto paura, per tre volte abbiamo buttato via tutte le nostre cose, per tre volte abbiamo dovuto affrontare le spese per ripartire”.

Gli eventi climatici estremi sono sempre più frequenti in Italia: solo nei primi nove mesi del 2024 se ne sono contati quasi 1.900, più di sette al giorno. Ci sono stati più di mille nubifragi, quasi settecento grandinate, più di duecento tornado. Quando si parla delle conseguenze di questi fenomeni, spesso sono prese in considerazione solo le perdite materiali, le case sventrate, le cataste di rifiuti, le auto ricoperte di fango. Raramente invece si parla delle ferite invisibili, che segnano le persone.

Negli ultimi anni gli psicologi hanno cominciato a studiare l’impatto del cambiamento climatico sulla salute mentale. L’indagine più estesa è stata realizzata nel 2021 su un campione di diecimila ragazze e ragazzi in dieci paesi del mondo: tre quarti degli intervistati considera il futuro “spaventoso”; la metà si dichiara triste, ansiosa, arrabbiata, perfino colpevole della crisi climatica. Tra i disagi più diffusi c’è l’ecoansia, l’ansia per ciò che potrà succedere al pianeta; la solastalgia, la nostalgia che colpisce chi assiste al peggioramento dell’ambiente in cui vive; e l’ecoparalisi, l’incapacità di agire sentendosi sopraffatti dalla crisi climatica. Ma esiste anche l’eutierria, un sentimento di ritrovata unione tra gli esseri umani e la natura.

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(Foto di Nastia Petruk su Unsplash)

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