Dopo la legge delega sull’assistenza agli anziani non autosufficienti approvata dal Parlamento lo scorso anno, sono arrivati anche i decreti attuativi. Secondo diverse analisi, però, la riforma – finanziata con fondi del PNRR – non sarà risolutiva.

Uno dei punti critici sottolineati da un articolo su Lavoce.info è che «Il decreto stanzia 500 milioni di euro per il biennio 2025-2026, dedicati alla prestazione universale. […] Pur contenendo parti significative, purtroppo, nel decreto manca un progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Si compie, inoltre, un significativo arretramento rispetto alla legge delega 33/2023. Il decreto attuativo c’è, ma quella riforma attesa nel nostro paese da un quarto di secolo è (in gran parte) ancora da fare».

In particolare, secondo l’articolo il decreto non riesce a realizzare l’integrazione del settore, che invece era stata concepita nella legge delega. Mentre questa prevedeva la creazione di un Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (Snaa) che integrasse tutti gli interventi pubblici nelle tre filiere (le politiche sanitarie, quelle sociali e i trasferimenti monetari dell’Inps), il decreto si limita a includere solo i servizi e gli interventi sociali, mantenendo così la frammentazione.

Inoltre, il decreto non affronta in modo adeguato la definizione di nuovi modelli d’intervento, come la riforma dei servizi domiciliari e residenziali, e la revisione dell’indennità di accompagnamento.

Un altro articolo, pubblicato negli stessi giorni dalla stessa testata, evidenzia poi diversi problemi relativi alla nuova misura, concentrandosi sulle limitazioni e le incongruenze presenti nel decreto.

  1. Esclusività della sperimentazione. La misura, volta a introdurre una prestazione universale integrativa, è limitata a una sperimentazione biennale che coinvolge solo gli anziani over 80 con disabilità gravissima e un ISEE fino a 6 mila euro. Questo riduce significativamente il numero di beneficiari rispetto al totale degli anziani non autosufficienti, e di conseguenza l’efficacia della sperimentazione stessa.
  2. Limitate risorse finanziarie. Nonostante l’impegno di 500 milioni di euro per il biennio 2025-2026, l’importo risulta insufficiente considerando il numero limitato di beneficiari e l’ampiezza del problema. Questo solleva dubbi sulla sostenibilità e l’efficacia a lungo termine della misura.
  3. Ambiguità nell’approccio. Sebbene la prestazione universale integrativa rappresenti un passo avanti nell’introduzione di servizi di cura adeguati, i limiti di reddito indicati più su contraddicono il concetto di universalità.

In definitiva, nonostante l’intento di presentare la misura come un primo passo verso una riforma complessiva del sistema di assistenza agli anziani non autosufficienti, la sperimentazione attuale non risponde adeguatamente alle aspettative e agli obiettivi della legge 33/2023. Ciò, secondo l’articolo, solleva dubbi sul reale impegno del governo nel portare avanti una riforma significativa ed efficace nel lungo termine.

(Foto di rawpixel.com su Freepik)

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