Prendiamo spunto dalla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che si è celebrata ieri, per sottolineare un tema che ci sta molto a cuore: il ruolo delle donne nella scienza. Potremmo infatti dire che, in un certo senso, la prima forma di violenza contro le donne è proprio l’oblio, il non ricordare e riconoscere i loro meriti. Ci sono progetti, come il gruppo di lavoro WikiProject Women Scientists, che si impegnano affinché alle donne della scienza siano dedicate voci e biografie di qualità su Wikipedia. Emily Temple-Wood, tra le autrici che contribuiscono al progetto, scienziata a sua volta, ha scritto per Nautilus un articolo con diversi esempi di scienziate “dimenticate” (o forse dovremmo dire ignorate, visto che se ne siamo a conoscenza vuol dire che le fonti ci sono). Alcuni nomi sono familiari, come Ipazia, astronoma e matematica vissuta nel IV secolo dopo Cristo nel territorio egiziano al tempo parte dell’Impero Romano, o Artemisia II di Caria, vissuta in Grecia nel IV secolo avanti Cristo. Ma gli esempi dell’antichità non si fermano qui, e anzi risalgono a epoche ben precedenti.

Medicina e chimica

La prima medica e forse la prima scienziata di cui si abbia notizia, spiega Temple-Wood, è vissuta nell’Egitto del XXVIII secolo prima di Cristo e si chiamava Merit Ptah. Era capo medico alla corte del faraone durante la Seconda Dinastia, un tempo in cui era normale che le donne intraprendessero tale carriera e diventassero ostetriche. Alcuni secoli dopo, durante la Quarta Dinastia (XXVI-XXIV secolo a.C.), una donna di nome Peseshet, amministratrice di una scuola di medicina per donne, era responsabile di tutte le donne medico dell’impero (ma probabilmente Merit Ptah e Peseshet sono la stessa persona). Nella Babilonia del XIII secolo d.C., la profumiera Tapputi inventò il distillatore, usato per purificare sostanze come l’alcol, e forse fu la prima chimica della storia. Artemisia II di Caria, citata prima, è nota per essere stata la moglie (e sorella) del sovrano greco Mausolo (da cui il termine mausoleo, riferito alla tomba monumentale costruita in suo nome), ma era anche una esperta di botanica e una ricercatrice in campo medico.

La storia di Agnodice, medica greca vissuta nel IV secolo a.C., è particolarmente interessante. Agnodice si finse uomo per poter studiare con Erofilo, il primo anatomista. La sua motivazione allo studio pare sia nata dall’osservazione dei molti casi di donne che morivano nel dare alla nascita i propri figli, o per malattie riproduttive perché si rifiutavano farsi visitare da un uomo. Agnodice ebbe poi problemi durante la pratica medica perché gli uomini ateniesi si convinsero che la scienziata (che credevano essere un maschio) stesse cercando di sedurre le donne che visitava. Una volta scoperta la sua vera identità, fu processata per pratica illegale della medicina e rischiava la condanna a morte se non fosse stato per l’intervento delle ateniesi, che protestarono durante il processo. Grazie a questo episodio, fu approvata una nuova legge che permetteva alle donne di praticare la medicina.

C’è poi Metrodora, che visse in Grecia tra il III e il V secolo d.C. e fu la prima donna a redigere un trattato che toccava, tra i vari temi, anche la ginecologia. Questo conteneva riferimenti a rimedi a base di erbe di cui non si trova traccia in altri scritti greci di quel periodo, discuteva delle possibili cause di diversi tipi di perdite vaginali e fu un testo di riferimento per i praticanti dell’antica Grecia e Roma.

Sono solo alcuni esempi, relativi soltando ai settori della chimica e della medicina. Ma gli esempi potrebbero proseguire menzionando donne impegnate nell’astronomia, matematica e filosofia, tra le altre discipline. Insomma, se la storia della scienza desse lo spazio dovuto alle donne, probabilmente molte cose sarebbero diverse, non solo nell’ambito scientifico.

(Foto di Daniela Turcanu su Unsplash)

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