Mentre il governo cerca, giustamente, di fare il possibile per incrementare il numero di persone che siamo in grado complessivamente di vaccinare ogni giorno, restano molte incertezze sull’effettiva disponibilità di dosi di vaccini da qui alle prossime settimane. Le notizie di prossime consegne si alternano agli annunci di ritardi da parte delle case farmaceutiche e nel frattempo la questione si sta rivelando sempre di più una “battaglia geopolitica”, in cui si palesano le alleanze e le sfere d’influenza dei diversi paesi. Nel rassicurare la popolazione sul fatto che in breve tempo potremo raggiungere la soglia critica delle 500 mila inoculazioni quotidiane, rischia di passare in secondo piano che ci sono diverse incertezze sul fatto che gli operatori sanitari continuino ad avere qualcosa da iniettare nel braccio dei cittadini.

Alcuni segnali di queste preoccupazioni arrivano dalla stampa locale dove, mentre si racconta di sforzi costanti dei territori per aumentare i punti di vaccinazione, restano troppe incognite sulle forniture. «Se la situazione continua a essere questa, se le consegne continuano a diminuire, dovremo chiudere i 120 hub vaccinali già attivi e dovremo fermare una macchina che contempla il lavoro di tremila persone» – ha detto l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato –. Senza dosi si fa fatica a rispettare gli obiettivi fissati dal premier (per il Lazio un milione 500 mila vaccinazioni al mese, ndr), ma si fa fatica anche a programmare».

Ancora ieri il Corriere scriveva che «L’Italia — secondo fonti qualificate — mira ad ottenere nelle prossime due settimane dieci milioni di dosi aggiuntive rispetto al budget, in modo da salvaguardare gli obiettivi della campagna vaccinale».

Non è certo rassicurante, giunti a questo punto, dover fare affidamento a “retroscena” e indiscrezioni per conoscere quali saranno le disponibilità di fiale da qui alle prossime settimane (per non parlare dei prossimi mesi). Mentre tra proteste e polemiche il dibattito mediatico si sposta sulle possibili date delle riaperture, non si capisce bene su quali basi queste dovrebbero avvenire. Che le persone, e soprattutto quelle impegnate in certi settori, non ne possano più, è più che comprensibile. Ma come si fa a decidere, se non siamo in grado di programmare? È apprezzabile il piglio “operativo” del commissario straordinario Francesco Figliuolo, ma forse eccede nelle rassicurazioni quando dichiara che «Ad aprile si incrocia un consistente arrivo di vaccini con la verifica delle capacità dei vaccinatori e dei punti di vaccinazione. Se il sistema regge, e mi porta ad avere 500 mila vaccinazioni al giorno a fine mese, a fine settembre chiudo la campagna».

Un’interessante riflessione in questo senso arriva da una newsletter del Foglio del 6 aprile: «Allora, aver indicato come possibile la quota di 500 mila vaccinazioni quotidiane è stato forse un errore, se non altro di comunicazione. Anche perché con numeri inferiori, ma raggiungibili con più probabilità, i risultati si otterranno ugualmente, grazie all’effetto delle restrizioni previste comunque ancora per l’intero mese di aprile e ad altri benefici derivanti dalla diffusione di cure, a partire da quelle con anticorpi monoclonali. A indurre continuamente in errori di comunicazione o di rappresentazione della situazione corrente è il parossismo della copertura di un evento sanitario con la logica del vecchio programma radiofonico tutto il calcio minuto per minuto. Questo porta anche a evidenziare i casi indecidibili, come capita ad esempio con i ricorrenti e allarmanti titoli sui reparti di terapia intensiva in cui si è “costretti a scegliere chi curare”. Non è così, ovviamente, e nessuno sceglie, ma la pratica ospedaliera, sempre, è fatta anche di priorità basate su una logica incontrovertibile con cui si punta a ottimizzare le cure ragionevolmente possibili per tutti. E anche le classi di età da vaccinare, se la campagna viene seguita con parossismo, daranno sempre luogo ad apparenti dilemmi insanabili, ci sarà sempre, nell’analisi puntuale fino al singolo istante e alla singola persona, qualche caso di ingiustizia. Ma l’obiettivo di una campagna vaccinale è il raggiungimento della sicurezza per tutti, non per qualcuno. Guardatela da questo punto di vista e vi apparirà tutto meno contorto e meno assurdo. Allo stesso modo sarà chiaro che la campagna ha senso solo se è mondiale, perché lasciare interi paesi molto indietro non farà altro che creare spazi di crescita e di mutazione per il virus».

(Foto di Daniele Franchi su Unsplash)

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