L’inquinamento da microplastiche è un problema in continua crescita, ma ci sono ancora grandi lacune nelle conoscenze sui danni che potrebbero causare alla salute umana.

Un articolo dello European Science-Media Hub spiega che le microplastiche sono particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 millimetri e possono essere prodotte intenzionalmente e aggiunte ai prodotti, oppure formarsi quando prodotti di plastica più grandi si degradano e si frammentano. Queste particelle comprendono anche plastiche nanometriche di dimensioni inferiori a 0,001 millimetri. Le microplastiche si trovano ovunque, dall’atmosfera al ghiaccio marino dell’Antartide. Ogni anno, nella sola Unione Europea, vengono rilasciate 42 mila tonnellate di microplastiche aggiunte intenzionalmente ai prodotti. Le fonti sono molteplici, sia a livello industriale che settoriale: l’8% delle microplastiche europee rinvenute negli oceani proviene da tessuti sintetici, mentre l’usura degli pneumatici stradali avrebbe rilasciato 94 mila tonnellate di microplastiche all’anno nelle acque di superficie dell’UE.

La degradazione causata dagli agenti atmosferici contribuisce alla mobilità e alla dispersione diffusa delle particelle di microplastica, che, insieme alle loro piccole dimensioni, fanno sì che una volta nell’ambiente sia impossibile rimuoverle. Le microplastiche che contaminano l’ambiente possono essere ingerite e inalate dagli animali, dove possono accumularsi a livelli più elevati nella catena alimentare.

È sempre più evidente che anche l’essere umano sia contaminato dalle microplastiche, attraverso l’inalazione di microplastiche in fluttuazione nell’atmosfera o attraverso l’ingestione di cibo e acqua contaminati, spiega l’articolo. Gli studi iniziali hanno rilevato particelle di microplastica in diversi tessuti e fluidi umani, tra cui sangue, latte materno e placenta.

Le segnalazioni di microplastiche nell’uomo sono preoccupanti, ma ci sono ancora grandi lacune nelle conoscenze sugli effetti che potrebbero avere sulla salute umana.

Negli ultimi anni sono aumentati, senza spiegazioni chiare, alcuni problemi di salute che riguardano il sistema digestivo, immunitario, nervoso e riproduttivo dell’uomo e potrebbero essere le microplastiche a causarli o ad aggravarli. Per fare luce su questo aspetto, tra gli altri, sono necessari studi sperimentali ed epidemiologici sull’uomo.

Con l’accelerazione della produzione globale di plastica e l’aggravarsi dell’inquinamento da microplastiche, l’essere umano sarà sempre più esposto a queste sostanze. Sono necessari studi epidemiologici e ricerche a lungo termine per valutare correttamente i rischi delle microplastiche per la salute umana e determinare la relazione di queste particelle con le malattie e le loro interazioni con le cellule e i tessuti umani.

Attualmente non esiste una legge europea che si applichi specificamente all’inquinamento da microplastiche, ma la questione è oggetto di varie strategie e normative dell’UE, ad esempio nei due piani d’azione – sulla nuova economia circolare e sull’inquinamento zero per l’aria, l’acqua e il suolo – che fanno entrambi parte del Green Deal europeo.

Nell’ottobre 2023, la Commissione europea ha proposto un regolamento per affrontare l’inquinamento da microplastica derivante dalle perdite di pellet di plastica, le materie prime industriali utilizzate per produrre prodotti in plastica. Il Parlamento ha votato la proposta nell’aprile 2024 (in prima lettura).

Nell’ambito del Piano d’azione per l’economia circolare, la Commissione europea ha annunciato nel 2023 una modifica del regolamento REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals) che vieta i prodotti in microplastica come alcuni tipi di glitter e microbeads.

Il Green Deal mira a riciclare il 55% dei rifiuti in plastica entro il 2030, mentre un regolamento che vieta alcuni tipi di imballaggi in plastica monouso a partire dal 1° gennaio 2030 è stato adottato dal Parlamento europeo nell’aprile 2024.

Concentrarsi sulla limitazione della plastica monouso e sul riciclo è tuttavia solo una parte della costruzione di un’economia circolare, prosegue l’articolo. L’uso della plastica “deve essere ridotto a tutti i livelli possibili che possiamo influenzare” e l’educazione e la comunicazione scientifica dovrebbero incoraggiare comportamenti come favorire l’uso a lungo termine e la riparazione dei prodotti, come gli smartphone.

La strada da seguire è ridurre la quantità di plastica nel sistema e progettare plastiche circolari sicure o materiali alternativi. Collegare gli sforzi per combattere l’inquinamento da plastica con altre misure che affrontano le principali crisi ambientali, come la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico, aiuterebbe a creare sinergie per mitigare queste crisi.

(Foto di Sören Funk su Unsplash)

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