Una recente indagine di IRPI Media ha messo in luce una realtà molto preoccupante all’interno delle scuole di giornalismo italiane, fatta di molestie sessuali e sessismo, che creano un ambiente ostile per le aspiranti giornaliste. I racconti delle studentesse di sette importanti istituti – IULM, Università degli Studi di Milano “Walter Tobagi”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università di Bologna, Università degli Studi di Torino, LUISS Guido Carli e Università di Bari – dipingono un ambiente che spesso mette a tacere le vittime e protegge i colpevoli.
Gli stage, che dovrebbero fornire un’esperienza preziosa, sono diventati un terreno fertile per le molestie. Le studentesse sono state oggetto di approcci inappropriati, spesso da parte di persone in posizione di superiorità. All’Università Cattolica del Sacro Cuore, un direttore è stato visto mostrare materiale pornografico nel suo ufficio e fare commenti osceni alle colleghe. Un’altra studentessa ha subito continui messaggi con commenti sul suo aspetto da parte di un giornalista seduto accanto a lei.
Il comportamento inappropriato si è esteso anche al di fuori degli stage, con gli stessi docenti coinvolti in numerosi casi. All’Università degli Studi di Milano “Walter Tobagi”, un docente ha toccato la gamba di una studentessa senza consenso e ha continuato a invitare le studentesse a pranzo, spesso offrendo loro regali indesiderati. All’Università di Bologna, una studentessa che si è rivolta a un docente per avere una guida professionale è stata bombardata di domande personali e videochiamate invadenti a tutte le ore.
Forse l’aspetto più allarmante dell’indagine è la cultura del silenzio che permea queste istituzioni. Molte studentesse non si sono sentite a proprio agio nel raccontare le loro esperienze, temendo ripercussioni sulle loro carriere appena iniziate. Coloro che hanno trovato il coraggio di parlare sono state spesso accolte da risposte sprezzanti, è stato detto loro di riderci sopra, o addirittura sono state incolpate per il comportamento che hanno subito. Questo silenzio non solo protegge i molestatori, ma permette all’ambiente tossico di aggravarsi.
Le risposte delle scuole stesse sono state molto diverse: alcune hanno negato di essere a conoscenza dei presunti episodi, mentre altre hanno affermato di aver preso provvedimenti. La IULM, nonostante le molteplici testimonianze degli studenti, ha affermato di non essere a conoscenza di alcuna segnalazione di molestie. L’Università di Bari ha insistito che avrebbe indagato se fosse stata informata, ma una studentessa ha raccontato di essere stata ridicolizzata e di averle detto di “sfruttare le debolezze degli uomini” quando ha denunciato un episodio a un membro del personale. Questa risposta incoerente e spesso inadeguata evidenzia la mancanza di politiche e procedure standardizzate per la gestione delle denunce di molestie sessuali.
L’Ordine dei Giornalisti, l’organismo professionale dei giornalisti, sembra aver svolto un ruolo limitato nell’affrontare la questione. Le sezioni regionali hanno riferito di aver ricevuto pochissime, se non nessuna, denuncia di molestie da parte di studenti di giornalismo. Ciò suggerisce una mancanza di fiducia nell’Ordine come meccanismo per denunciare e affrontare tali problemi.
L’indagine sottolinea l’urgente necessità di cambiamenti sistemici, tra cui meccanismi di segnalazione chiari, processi investigativi solidi e formazione obbligatoria per il personale e gli studenti in merito ai comportamenti accettabili. Creare un ambiente sicuro e inclusivo per tutte le aspiranti giornaliste non è solo una questione di responsabilità etica, ma è fondamentale per l’integrità e il futuro della professione.
(Foto di Joppe Spaa on Unsplash)
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