Il Ministero della salute ha pubblicato dei poster e una brochure con dei consigli sull’alimentazione dei bambini, dalla nascita alla loro crescita. Varie associazioni che si occupano di pediatria hanno manifestato le proprie perplessità su un documento che, secondo loro, aiuta a diffondere luoghi comuni errati. L’articolo di Duccio Facchini per Altreconomia.it.
Accanto al ritratto di un bambino sorridente, con la lingua di fuori e un cucchiaio in mano, c’è una frase: “Consigli per la mamma ed il papà”. È la prima slide di una sintetica brochure che raccoglie i poster curati dal Ministero della salute in occasione di Expo, con l’obiettivo di promuovere un’alimentazione sana dall’infanzia all’adolescenza. Concepito come manuale delle buone pratiche, il documento prova a rispondere a domande classiche: «Quando il bimbo cresce, cosa cambia nel suo menù?», «Cosa cambia dai due ai tre anni?», «Cosa mangiano i nostri ragazzi?». Le risposte, stando a quanto segnalato dall’Associazione culturale pediatri (Acp), conterrebbero non solo «principi generali condivisibili» ma anche «luoghi comuni privi di base scientifica che, per l’autorevolezza del ministero della Salute e per il significato che si è scelto di dare all’Expo, perpetuano e rafforzano, nella percezione comune, informazioni non corrette».
Il giudizio severo di Acp è contenuto in una lettera aperta protocollata alle fine del mese di luglio all’attenzione proprio del ministro Beatrice Lorenzin, sottoscritta dal responsabile Gruppo nutrizione, Sergio Conti Nibali, e dal presidente dell’associazione, Paolo Siani. La contestazione è documentata, punto per punto. Nel poster dedicato allo svezzamento, infatti, il dicastero sostiene che questo «dovrebbe iniziare a partire dal sesto mese e, comunque, su indicazione del pediatra». Per Acp si tratta del primo errore: «“Dal sesto mese” non equivale a “dopo il compimento dei 6 mesi” – scrivono – questa frase, come quella che segue, è ambigua, perché non specifica che il latte di cui si parla è quello materno. Inoltre, sembra ignorare (o forse non lo ignora affatto) il fatto che, purtroppo, la maggior parte dei pediatri consiglia di iniziare lo svezzamento al compimento dei 4 mesi. Una maggiore coerenza con le linee di indirizzo dello stesso Ministero della salute sarebbe stata preferibile».
Le “perplessità” si concentrano anche sui “consigli”. Il primo: «Non introdurre nel primo anno di vita alimenti che possono produrre intolleranze alimentari (pomodoro, fragole, legumi, cacao, etc)», dimentica – per Acp – «il latte vaccino, l’uovo, e il pesce», omettendo di ricordare le evidenze scientifiche per le quali «ritardare l’introduzione dei cibi potenzialmente causa di allergie non è di alcuna utilità e potrebbe, anzi, essere controproducente, soprattutto nei bambini a rischio elevato di allergie».
«Non aggiungere sale alle pappe, è già contenuto nei cibi» è il secondo consiglio del ministero della Salute. Che costituirebbe però l’ingiustificato sostegno all’erronea tesi per cui «i bambini devono necessariamente mangiare pietanze diverse da quelle dei loro genitori e che piccole aggiunte di sale possano far male». «Il messaggio avvalora il luogo comune che si debbano introdurre necessariamente “pappe” – specificano Conti Nibali e Siani –, ignorando quanto sostenuto almeno da una parte dalla comunità scientifica, che raccomanda invece cibi “solidi”, tagliati in modo adeguato, consono alla maturità di ogni singolo bambino».
Ce n’è anche per questa raccomandazione: «Dopo i 6 mesi di età il fabbisogno calorico del bambino deve essere soddisfatto solo per il 50 per cento da alimenti diversi dal latte». «Se il messaggio fosse accolto – è la denuncia esplicita di Acp – potrebbe portare a una drastica riduzione della durata dell’allattamento, il cui ruolo protettivo nei confronti della salute materno-infantile è proporzionale alla sua durata nel tempo. Tra l’altro, il poster ignora totalmente l’importanza dell’allattamento materno oltre il primo anno di vita, nonostante l’Organizzazione mondiale della Sanità inviti gli operatori sanitari a sostenerlo fino a 2 anni e oltre, proprio per il suo ruolo protettivo nei confronti di numerose e gravi patologie del bambino nel breve, medio e lungo periodo, e della mamma, specie nel lungo periodo».
È un infelice elenco di “regole” quello che il ministero della Salute avrebbe confezionato per Expo a proposito della “sana alimentazione” dell’infanzia – mentre Regione Lombardia, peraltro, invitava ad andare da McDonald’s, attirandosi la censure persino dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato –. «Dare regole rigide al naturale passaggio dall’alimentazione esclusiva con il latte a quella complementare – spiega l’Acp – può comportare problemi nella gestione serena dei pasti dell’intera famiglia». E «avviare l’alimentazione complementare con prodotti specifici per bambini è un’occasione persa per la famiglia e per i pediatri che dovrebbero, viceversa, discutere di corretta alimentazione di tutta e con tutta la famiglia, offrendo le loro competenze nutrizionali a supporto dell’intero nucleo familiare, con ricadute certamente più significative per tutta la popolazione».