Un nuovo rapporto della Commissione europea analizza le persistenti disparità di genere nei settori della scienza e della ricerca, mostrando un quadro complesso di sfide e alcuni progressi. Lo studio, intitolato “She Figures 2024”, esamina vari aspetti della presenza e delle condizioni di lavoro delle donne nel mondo accademico e della ricerca, mettendo in luce le aree in cui permangono lacune significative nonostante gli sforzi in atto per promuovere la parità.
Il rapporto evidenzia una rappresentanza ineguale delle donne nelle varie fasi della carriera accademica. Sebbene le donne costituiscano una parte significativa dei laureati, il loro numero diminuisce man mano che avanzano verso posizioni più elevate. Questo fenomeno è evidente nel settore dell’istruzione superiore, dove una percentuale minore di donne ricopre posizioni di alto livello. Questo fenomeno non è unico in Europa, ma è visibile anche in paesi come gli Stati Uniti e il Giappone.
Le donne sono sottorappresentate tra gli autori di pubblicazioni di ricerca e hanno un numero medio di pubblicazioni inferiore rispetto agli uomini. Inoltre, si riscontra una significativa disparità di genere nella percentuale di donne che ricoprono posizioni di autore senior. Lo studio utilizza il database Scopus per analizzare queste tendenze e sottolinea la necessità di ulteriori interventi. Nonostante la sottorappresentazione complessiva delle donne, alcuni Paesi stanno raggiungendo un equilibrio di genere tra gli autori senior.
Il rapporto esamina anche le condizioni di lavoro dei ricercatori, rilevando che una percentuale maggiore di donne ricercatrici lavora part-time rispetto agli uomini. Nel 2022, il 20% delle ricercatrici lavorava a tempo parziale, rispetto al 15% degli uomini che lavorano nel settore dell’istruzione superiore. Non sono state riscontrate differenze nella percentuale di ricercatori, sia uomini che donne, che hanno un lavoro precario (cioè con contratti di durata inferiore a tre anni): entrambi i gruppi rappresentano circa il 19%.
Lo studio tiene conto anche dell’intersezione tra il genere e altri fattori, tra cui il paese di origine. Le donne nate al di fuori dell’UE hanno meno probabilità di essere assunte come scienziati e ingegneri rispetto alle donne nate nel luogo in cui vivono o in un altro Stato dell’UE. Queste disparità evidenziano che fattori come la nazionalità e lo status di migrante aggravano la questione della disuguaglianza di genere.
Il rapporto rivela anche l’inclusione della dimensione di genere nella ricerca, scoprendo che l’UE pubblica un po’ meno della media mondiale sulla ricerca che contribuisce all’Obiettivo di sviluppo sostenibile 5, che riguarda la parità di genere. Ciò indica che, nonostante i quadri e gli obiettivi politici, c’è ancora del lavoro da fare per garantire che la ricerca stessa consideri le differenze di genere e il loro impatto.
Il rapporto analizza anche l’attuazione dei Piani per la parità di genere. Questi piani, richiesti dalla Commissione europea affinché le istituzioni possano beneficiare dei finanziamenti di Horizon Europe, mirano a colmare il divario di genere nella ricerca. Tuttavia, il rapporto evidenzia anche che, tra il 2020 e il 2023, non si è registrato un aumento significativo della disponibilità di informazioni sulla parità di genere sui siti web delle organizzazioni di ricerca.
Per quanto riguarda i finanziamenti e la leadership, il rapporto menziona iniziative come il programma EIC Women Leadership e Women TechEU, che mirano a sostenere le donne nel settore tecnologico e a promuovere le start-up guidate da donne. Lo studio sottolinea l’importanza di creare un ambiente di ricerca più inclusivo, in cui tutte e tutti abbiano le stesse opportunità di avanzamento di carriera.
Gli autori del rapporto riconoscono i limiti dei dati, notando che non è sempre possibile fare confronti accurati a causa delle differenze metodologiche e di rendicontazione tra i vari Paesi. Nonostante ciò, il rapporto fornisce uno strumento prezioso ai responsabili politici e alle istituzioni per promuovere la parità di genere nel campo della ricerca. La Commissione europea intende utilizzare i risultati di questo studio per migliorare ulteriormente la propria agenda politica in materia di parità di genere nello Spazio europeo della ricerca.
(Immagine da freepik)
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Quando è nata Avis Legnano i film erano muti, l’Italia era una monarchia e avere una radio voleva dire essere all’avanguardia. Da allora il mondo è cambiato, ma noi ci siamo sempre.