Le norme approvate qualche giorno fa dal Parlamento europeo per riformare il cosiddetto “regolamento di Dublino” sono state commentate con grande soddisfazione da diversi leader europei, ma con molta preoccupazione da parte di chi si occupa di migrazioni e diritto di asilo.
Come spiega Annalisa Camilli sul sito di Internazionale, “Il nuovo accordo, articolato in dieci regolamenti, prevede procedure accelerate alla frontiera per i richiedenti asilo che provengono da paesi considerati sicuri, l’estensione della detenzione amministrativa dei richiedenti asilo e un meccanismo obbligatorio di solidarietà tra i diversi paesi dell’Unione, che implica il ricollocamento dei migranti secondo un sistema di quote. Quest’ultimo meccanismo è obbligatorio, ma in realtà prevede che gli stati si possano sottrarre all’accoglienza, versando una quota di denaro in un fondo comune per i rimpatri, oppure inviando personale e mezzi nel paese europeo che sta affrontando una crisi migratoria”.
Inoltre, questo insieme di regolamenti prevede l’istituzione di due percorsi di richiesta di asilo: «la procedura tradizionale – spiega il Post –, che di solito richiede diversi mesi per essere completata, o una procedura accelerata che avviene alla frontiera e che dovrebbe durare al massimo 12 settimane, durante le quali le persone migranti dovrebbero essere tenute in strutture apposite. I richiedenti asilo non possono scegliere quale dei due percorsi seguire, ma vengono divisi in base al loro profilo, stilato attraverso un nuovo e uniforme regolamento di screening: il testo prevede che questa ‘procedura di frontiera’ venga usata principalmente per i richiedenti asilo che per qualche motivo vengono considerati un ‘pericolo’ per i paesi dell’Unione, per coloro che provengono dai paesi considerati ‘sicuri’ e per chi proviene da paesi che, anche per altri motivi, hanno un tasso molto basso (sotto il 20 per cento) di domande d’asilo accolte”.
L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha espresso forti perplessità verso le nuove norme: “Molte delle nuove previsioni sono in contrasto con la Costituzione italiana, a partire dall’articolo 10 comma 3 della Costituzione, che sancisce il diritto di asilo individuale per tutte le persone straniere e la protezione dal respingimento durante l’esame della domanda. Il nuovo Patto prevede l’applicazione generalizzata di procedure accelerate, sommarie, fondate sulla provenienza geografica e non sulla storia individuale delle persone. Il rischio di un esame approssimativo e standardizzato è l’aumento generalizzato di espulsioni in violazione del principio di non-refoulement, principio cardine del diritto internazionale. Molte di queste procedure potranno e, in alcuni casi, dovranno obbligatoriamente svolgersi nelle zone di frontiera, in un regime di detenzione. Anche le famiglie e, in alcuni casi, i minori, potranno essere privati della loro libertà: questo scenario contrasta palesemente con il quadro di garanzie per i minori previsto dall’ordinamento italiano”.
Al di là delle “vittorie” che diversi leader politici hanno dichiarato, a perdere è stato innanzitutto l’istituto del diritto d’asilo. Questo “patto” conferma e inasprisce l’approccio securitario all’immigrazione, che passa innanzitutto dalla “irregolarizzazione” delle persone migranti. “Velocizzare e inasprire le regole sull’asilo non fa che aumentare la probabilità che i migranti diventino irregolari”, ha spiegato Matteo Villa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi).
Questi regolamenti, in linea con le politiche europee degli ultimi decenni sull’immigrazione, mirano solo a dare l’impressione di “affrontare l’emergenza”, dimenticando del tutto la tutela delle persone in viaggio che, non avendo a disposizione canali legali per migrare, sono costrette a farlo illegalmente.
“Il nuovo accordo avrà conseguenze umanitarie devastanti – ha scritto Valigia Blu –. Chiunque arriverà in Europa senza documenti di viaggio validi sarà probabilmente trattenuto nelle strutture di frontiera, senza eccezioni di età, comprese le famiglie con bambini. […] Il patto non prevede nessuna norma sul diritto di difesa e di rappresentanza legale durante le procedure amministrative alle frontiere; i migranti che riusciranno a fare ricorso contro l’ordine di espulsione potranno comunque essere espulse in attesa di una decisione sul loro caso”.
(Image da freepik creata da un’intelligenza artificiale)
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