Il mondo scientifico sta vivendo una fase di passaggio molto importante negli ultimi anni. È una questione che seguiamo da tempo su queste pagine, cercando di raccontarvi il suo evolversi. La notizia è che una testata scientifica, eLife, ha deciso di chiedere ai suoi autori di pubblicare gli articoli scientifici nella versione preprint, cioè quella licenziata dagli autori stessi, e di rendere pubbliche le revisioni tra pari (peer review). Un piccolo ripasso per chi si è perso dei pezzi.
Nel mondo scientifico ogni ricerca, prima di essere pubblicata, viene sottoposta a revisione da parte di un altro autore, che a titolo gratuito e in forma anonima legge attentamente il pezzo ed espone le sue osservazioni, critiche, domande, proposte di integrazione. È una pratica consolidata nel mondo scientifico che, pur con dei limiti, riduce le probabilità che sulle riviste siano riportati dati sbagliati o manipolati. Tradizionalmente questa revisione tra pari, e lo scambio di messaggi tra autore e revisore, era mantenuto a un livello confidenziale. Per consentire un maggiore livello di controllo da parte della comunità scientifica, alcune testate (tra cui Nature, Nature Communications e appunto eLife), hanno cominciato a rendere pubblici questi contenuti.
Al contempo, è sempre più diffusa la pratica di pubblicare gli articoli in preprint su piattaforme riservate ai ricercatori (la pandemia di coronavirus ha contribuito ad accelerare questa tendenza nel 2020). Secondo gli esperti questo ha due conseguenze, di segno opposto. Da un lato, il fatto che molti più colleghi possano leggere e controllare il materiale proposto aumenta la qualità di ciò che arriva alla pubblicazione. Dall’altro, il fatto che gli articoli siano liberamente accessibili a chiunque aumenta il rischio che siano usati come fonte per articoli di giornale o finiscano in oscure catene di messaggi su WhatsApp prima che subiscano gli opportuni controlli. Secondo un articolo di Marcus Banks, bibliotecario e giornalista scientifico, i vantaggi della prima conseguenza superano di gran lunga i rischi della seconda.
Diventa quindi interessante la scelta di eLife di supportare e mettere in pratica entrambe queste misure. Il suo direttore Michael Eisen ha infatti annunciato che il giornale prenderà in considerazione solo articoli che sono stati già resi disponibili in preprint. Inoltre, le revisioni tra pari saranno rese pubbliche, incluse quelle relative agli articoli che vengono rifiutati.
Come spiega lo stesso Eisen su Science, il sistema di pubblicazione del mondo scientifico è ancora legato alle logiche della carta. Produrre e stampare un giornale ha dei costi, quindi è comprensibile che ogni contenuto sia sottoposto a scrupolosa verifica prima di essere inserito. Ma da quando c’è internet questo processo ha molto meno senso. Bisogna dare agli scienziati la possibilità di pubblicare i propri lavori non appena sono pronti, mentre nel frattempo si avvia il processo di controllo e revisione in totale trasparenza. Secondo Eisen, il cambiamento è già avvenuto, si tratta solo di prenderne atto. «Mentre stavamo verificando una serie di articoli durante l’estate – racconta – ci siamo accorti che oltre i due terzi erano già disponibili in preprint. Cioè stavamo facendo una revisione di lavori che in sostanza erano già stati pubblicati. […] A questo punto perché continuare a mantenere in forma confidenziale questo processo? Vogliamo che la revisione tra pari sia una parte viva e attiva di un preprint. […] In un futuro ideale, ogni articolo sarà pubblicato in una prima versione, che poi sarà rivista più volte man mano che avviene il controllo, in un processo aperto».
(Foto di Volodymyr Hryshchenko su Unsplash)
Ricordati di farlo
Lo sai che puoi destinare il 5 per mille dell’IRPEF all’Avis di Legnano? Basta inserire il nostro codice fiscale al momento della dichiarazione. Useremo i proventi per fare ancora meglio ciò che facciamo da sempre.