«La crisi generalizzata ha messo in evidenza il bisogno diffuso di assistenza psicologica ma ha anche acceso un riflettore sull’elefante nella stanza: la stragrande maggioranza delle persone non hanno accesso ai servizi di salute mentale a causa della mancanza di risorse economiche». Da un articolo di Gianpaolo Contestabile sul Tascabile.
Tra le varie lezioni che ci sono state impartite dalla pandemia, oltre ai limiti delle politiche in favore della sanità privata, c’è l’importanza della salute mentale, della sua cura e prevenzione, come un’esigenza diffusa nella popolazione e non come un lusso per pochi. La COVID-19 sta lasciando, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, conseguenze a lungo termine sulla psiche delle persone: depressione, ansia, difficoltà a concentrarsi, disturbi della memoria e del sonno. A questo va aggiunto che la crisi socio-sanitaria, o per usare una definizione più specifica la sindemia, ha esacerbato una serie di problematiche sociali, tra cui la precarietà lavorativa, la disuguaglianza delle condizioni abitative, la violenza domestica, l’isolamento sociale e il deterioramento dei servizi pubblici di base. Questi elementi si possono definire determinanti sociali della salute, ovvero condizioni che contribuiscono a stabilire il benessere o il malessere vissuto da una persona. Secondo l’OMS infatti la salute è “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia” mentre la salute mentale è “uno stato di benessere nel quale una persona può realizzarsi, superare le tensioni della vita quotidiana, svolgere un lavoro produttivo e contribuire alla vita della propria comunità”.
La crisi generalizzata ha messo in evidenza il bisogno diffuso di assistenza psicologica ma ha anche acceso un riflettore sull’elefante nella stanza: la stragrande maggioranza delle persone non hanno accesso ai servizi di salute mentale a causa della mancanza di risorse economiche. Paradossalmente, stiamo parlando delle stesse persone che, a causa di condizioni di vita precarie e quindi maggiormente esposte a fattori di stress, avrebbero, probabilmente, bisogno con più urgenza di uno spazio di ascolto e rielaborazione dei propri vissuti. Una sessione con una psicoterapeuta, in Italia, può costare tra i 45 e i 150 euro circa, con una media che si aggira tra i 60 e gli 80 euro a seduta per le persone adulte. Se consideriamo una sola seduta settimanale stiamo parlando di cifre che superano come minimo i 200 euro al mese, un budget nettamente fuori dalla portata di quella grande fetta di popolazione che lotta per far quadrare i conti a fine mese.
L’alternativa all’assistenza psicologica privata sarebbe rivolgersi al Servizio Sanitario Nazionale, il quale offre in genere solamente pacchetti da otto incontri, le sue liste di attesa sono spesso intasate e il personale è composto in molti casi anche da tirocinanti non retribuiti. Molte persone, soprattutto provenienti dai settori popolari, entrano in contatto con i servizi territoriali della salute mentale però solo in contesti assistenziali e/o coercitivi: le comunità riabilitative, le case famiglia, i centri per minori, le Residenze Sociosanitarie Assistenziali per anziani (RSA), i servizi per le dipendenze patologiche (SERD), i Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) per le persone migranti, le Residenze per l’Esecuzione delle Misure cautelari (REM), le carceri e molte altre.
Continua a leggere sul Tascabile
(Foto di Marco Bianchetti su Unsplash)
Ricordati di farlo
Lo sai che puoi destinare il 5 per mille dell’IRPEF all’Avis di Legnano? Basta inserire il nostro codice fiscale al momento della dichiarazione. Useremo i proventi per fare ancora meglio ciò che facciamo da sempre.